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Una spolverata di Parmigianino

in onda domenica 18 novembre 2012 alle 13.25

“Chi fassi buon pittore cerca e desia il disegno di Roma abbia alla mano, la mossa con l’ombrar veneziano e il degno colorir di Lombardia, di Michelangel la terribil via, il vero naturale di Tiziano, del Correggio, lo stil puro e sovrano di Raffael la giusta simmetria, del Tibaldi il decoro e il fondamento, del dotto Primaticcio l’inventare e un po’ di grazia del Parmigianino”.

Queste sono parole scritte dal pittore Agostino Carracci, nello scorcio tra il Cinquecento e il Seicento, che delineano le tracce di quel passaggio tra Rinascimento e Barocco, segnate profondamente dal gusto e dalla cultura manierista, in una visione che predilige l’osservazione della natura attraverso il filtro deformante della stilizzazione e dell’estrema idealizzazione formale.

Ad uno dei più grandi artisti manieristi, il Parmigianino, è attualmente dedicata una bellissima mostra allestita in occasione del V centenario della sua nascita presso la Galleria Nazionale di Parma, da cui parte il racconto di questa settimana di “Passepartout”, con significative tappe nella stessa Parma e dintorni (Chiesa Magistrale di Santa Maria della Steccata, Rocca di Fontanellato),  in Francia (Castello di Fontainebleau, Louvre) e Firenze (Palazzo Pitti, Giardino di Boboli, Galleria degli Uffizi),  tracciando i possibili  percorsi europei, soprattutto francesi, legati a questa vicenda artistica.

“Parmigianino e il manierismo europeo”
è una mostra bellissima, anche per la qualità dell’allestimento. La Galleria Nazionale di Parma è difatti collocata all’interno di un affascinante contenitore, il Palazzo della Pilotta, una costruzione militare nata come sogno di potere e di gloria, che il percorso della mostra rivela, passo dopo passo, con transiti repentini da scenografiche zone d’ombra ad improvvisi squarci di luce, per illuminare le collezioni del museo, accatastate con perfezione come in una biblioteca, o le meraviglie del bellissimo Teatro Farnese. Ma chi è il protagonista della mostra, il Parmigianino, questo curioso genio artistico che muore a 37 anni dopo essersi dato all’alchimia? E che si ritrae solo 15 anni prima come un fanciullo leggiadro e adolescente, su un piccolo tondo che assomiglia ad uno specchio convesso e dove la mano destra appare in un primo piano prorompente? Certamente è un artista fondamentale per la sua città e i dintorni, dove ha lasciato tracce significative, soprattutto nelle decorazioni della Rocca di Fontanellato e nell’affresco della Steccata, illustrate da Philippe Daverio in tutta la loro sorprendente bellezza. Parmigianino è poi detentore di uno stile personalissimo, fatto di grazia e di finissima eleganza, in una visione del mondo incredibilmente fuori dal tempo. Ed è anche forse il testimone di quel filo sottile che ha sempre legato Parma alla Francia. Quella stessa Francia che Parma aveva già conosciuto nel XII secolo, affidando la costruzione del suo Battistero all’Antelami, che lì si era formato e da lì portò una nuova per quanto personale idea della scultura e dell’architettura. Quella stessa Francia da cui proviene il Giambologna che attraverso Bartolomeo Ammannati, troverà a Firenze, esprimendolo nel Giardino di Boboli, il suo stile oblungo, caratterizzato da “colli torti” e “cosce lunghe”, una sorta di marchio di fabbrica del parmense Parmigianino, senza sapere che forse originariamente proveniva proprio da casa sua. Ed anche quella stessa Francia che governerà Parma dal 1500 al 1512 e dal 1515 al 1521, negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza di Parmigianino. Parmigianino appartiene infatti ad una generazione che comprende il Cellini, Primaticcio, Rosso Fiorentino, Giulio Romano, Perin del Vaga, Bronzino, che è la stessa di Francesco I, re di Francia, e di Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero. E le lotte tra questi due sovrani caratterizzano le vicende e le attività di questi artisti in un duello che coinvolge anche il papato e che ha alcune date fondamentali: il 1527 con il sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi, una sorta di “twin towers del Rinascimento”, praticamente la sua fine, e il 1530 quando Francesco I chiude la questione come in una “soap opera” sposando la sorella di Carlo. Cambia così l’atmosfera in tutta Europa. Ed in Francia Francesco I crea il suo castello decorandolo in lingua italiana, chiamando proprio alcuni di quegli artisti suoi coetanei, Cellini, Primaticcio, Rosso Fiorentino, suggellando la nascita della Scuola di Fontainebleau, che proietta così in chiave europea le idee del manierismo.

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