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Piccola storia del teatro a palchi detto all'italiana

in onda domenica 14 aprile 2013 alle 13.25

Passepartout, il settimanale d’arte e cultura di Raitre, scritto e condotto da Philippe Daverio, svolge in questa puntata un’affascinante inchiesta sulla storia dell’architettura dei teatri italiani, dalle prime evocazioni rinascimentali e manieriste fino al trionfo barocco dei Bibiena e alla costruzione del più famoso tempio del melodramma mondiale, la Scala di Milano.

PADOVA, “ODEO CORNARO”. Questa storia comincia da Padova, a un passo dalla chiesa del Santo. Sotto i portici della città, dietro un portone dall’aspetto misterioso si apre un particolarissimo complesso architettonico da esterno, detto l’Odeo Cornaro. Si tratta del primo contenitore integrato per lo spettacolo nato in Italia, con appositi spazi dedicati al teatro, alla musica, alla poesia. Il progetto del 1524 mostra come l’Odeo Cornaro nasca secondo la miglior tradizione della cultura antiquaria della città, seguendo ispirazioni che pervengono dall’antica Roma, Varrone soprattutto, e uno stile decorativo che sembra debitore di quello delle grottesche appena scoperto a Roma.

VICENZA, TEATRO OLIMPICO”. Qualche chilometro a Nord e si giunge a Vicenza per scoprire l’ultimo lavoro di Andrea Palladio, il Teatro Olimpico, inserito all’interno di un edificio pre-esistente che riprende l’idea della cava che formava l’emiciclo nella tradizione antica. Un’idea di architettura totale che trova un’ulteriore evoluzione con l’intervento dello Scamozzi del 1585. Si formula così un’architettura scenica che contiene al suo interno tutti i semi dell’evoluzione successiva. Una mirabile distribuzione ottica dei punti di fuga, la prima, la seconda, la terza, la quarta e anche la quinta, con la conseguente invenzione delle quinte teatrali. Da notare che solo in Italia le quinte si chiamano così. In Francia si usa la parola “coulisse” cioè fondale e in inglese il termine corrispondente è “backstage” cioè retroscena.

SABBIONETA, “TEATRO”. Scamozzi lavorò anche a Sabbioneta presso Mantova, dove si consumò il sogno urbanistico di Vespasiano Gonzaga di costruire una città intera ex novo. All’architetto è affidata la progettazione del teatro. Scamozzi attua un’operazione sostanzialmente di stampo manierista che ricostruisce l’idea di un teatro romano incuneato con tutta la sua dimensione, così come se fosse all’aria aperta, all’interno di un edificio. Ma questo teatro presenta altre intuizioni e anticipazioni di modelli futuri, come per esempio il proscenio, prospettando anche l’articolazione architettonica di quello che sarà poi il boccascena.

MANTOVA, “PALAZZO DUCALE”. A quel tempo l’opera non era ancora nata, anche se il “recitar cantando” arriverà di lì a poco tra il XVI e il XVII secolo, quando un gruppo di intellettuali fiorentini, noto come Camerata de' Bardi, eseguì per la prima volta un'Euridice in versione musicale. Non si trattava ancora di una vera e propria messa in scena ma di una rappresentazione all’interno di un ambiente, di una stanza di palazzo, al pari di una cena o di una allegra serata di feste, un ennesimo divertimento di corte. E lo stesso accadeva anche alla corte di Mantova dove, nei primi anni del 600’, al Palazzo Ducale cominciarono ad essere rappresentate le prime sperimentazioni operistiche di Monteverdi.

BOLOGNA, “BIBLIOTECA COMUNALE DELL’ARCHIGINNASIO”. Esisteva già dunque il teatro, cominciava ad esistere anche l’opera. Ma come nacque il teatro d’opera? I fogli conservati presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, in particolare quelli datati tra 600’ e 700’, documentano in modo mirabile gli allestimenti che venivano creati in occasione delle feste barocche con le piazze delineate dagli spalti esattamente come se si trattasse di un edificio concluso, con un ordine inferiore e uno superiore e il pubblico posto là sopra: senza saperlo era già nato il teatro d’opera. In queste situazioni vastissime di piazze arredate anche i macchinari scenici e la loro tecnologia sembrano evocare e preannunciare quelli che andranno a caratterizzare il teatro vero e proprio.

BOLOGNA, “TEATRO COMUNALE”. In tale contesto diventano protagonisti i Bibiena, una famiglia che per tre generazioni si occupò di scene e spettacolo. Uno di loro Antonio Galli Bibiena progettò il Teatro Comunale di Bologna che inaugurava le sue attività nel 1763 con il Trionfo di Clelia di Cristofano Gluck. La curiosità sta anche nel fatto che lo stesso Bibiena oltre che progettista del teatro sia anche l’autore delle mutazioni sceniche della prima opera rappresentata.

MANTOVA, “TEATRO BIBIENA”. Seguendo l’opera di Antonio Galli Bibiena si fa nuovamente tappa a Mantova dove campeggia il Teatro Bibiena, dalle forme e struttura decisamente bizzarre e particolari, il più bel riassunto dell’architettura barocca al massimo punto della sua evoluzione con i fantastici corridoi che accedono ai palchi, tutti integralmente decorati dall’interno dal Bibiena.

MILANO, “TEATRO ALLA SCALA”. La Scala di Milano, nacque su progetto del Piermarini, che elaborò un curioso tempio neoclassicista trasversale e mondiale. Oggi resta forse poco della Scala originaria, soprattutto nei palchi, che erano concepiti come piccole mini unità abitative: ci si faceva di tutto all’interno, si mangiava, si giocava a carte, ci si intratteneva e forse anche altro. La storia di questo edificio teatrale ha vissuto successive sopraposizioni e alterazioni del suo aspetto originario, conquistandosi comunque la palma di teatro lirico più importante del mondo, anche perché si rivelerà per tutto il XIX secolo il fulcro centrale della grande stagione del melodramma italiano.

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