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Nel giorno dedicato alle donne, dopo aver dolorosamente condiviso quanto pubblicato domenica scorsa dal Corriere sulla immane fatica di chi oltre al dovere della cura di generazioni precedenti e successive (appannaggio innegabile e ineludibile del genere femminile) deve continuare ad essere saldamente presente sul mercato del lavoro in modo competitivo e capace, mi stupisce constatare come nelle offerte del nostro palinsesto televisivo tra i primi classificati si trovi un’icona del maschilismo e del machismo come il commissario Montalbano.
La figura femminile nelle opere di Camilleri è il più delle volte pallida e insignificante come Livia, oppure puttana, o nella migliore delle ipotesi cornificata e fatta fessa, comunque quasi sempre defilata, priva di personalità, utile solo a riempire qualche buco e fare da “guarnizione”.
Credo che parlando di femminicidio e di violenza sulle donne i romanzi di Camilleri possano essere un, seppur non violento, testimonio di come si possa violentare una donna negandole il diritto di avere un pensiero, una volontà, un’autonomia esistenziale dignitosa e produttiva.
Ma se il pubblico italiano ama tanto il commissario forse vi si riconosce, o magari spegne solo il cervello quando accende la TV.
Costanza