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Compositori: Divino Franz (1)

Se lo spazio dedicato ai compositori nelle nostre trasmissioni dovesse essere proporzionale alla quantità delle loro composizioni - oltre che alla qualità e all'interesse, che sono sempre il criterio primario -, al grande Franz Schubert ne spetterebbe davvero tanto; in questo incontro (primo dei diversi che avremo, senza obbligatoria regolarità, in questi mesi) tratteremo di lui senza pretendere di presentarlo in toto, partendo semplicemente dalle opere proposte oggi.

Nell'estate del 1825 la cittadina di Gastein nelle Alpi Austriache concesse a Schubert un rifugio dal clima troppo caldo e un poco di ristoro dalla sua tendenziale malinconia; in uno dei suoi periodi di maggior creatività, (in cui compose 3 sonate per pianoforte, 5 pezzi vocali tra cui la celebre "Ave Maria" e la Sinfonia, incompleta e perduta, detta "Gmunden-Gastein", che secondo alcuni conteneva i germi della Sinfonia n. 9 "La Grande"), il musicista ventottenne dedicò alla località salisburghese la sua Sonata per pianoforte op. 53, detta appunto "Gasteiner Sonate".

Seconda ad essere pubblicata, questa è la diciannovesima delle 21 sonate pianistiche composte da Schubert, e ben rappresenta alcune linee fondamentali sia dell'ispirazione generale che della concezione pianistica del grande viennese, a cominciare dalla libera dilatazione dello sviluppo melodico nel tempo, quella lunghezza che Robert Schumann avrebbe giustamente definito "divina".

Sotto le dita di Elisabeth Leonskaja il pianismo romantico si materializza in uno stile di stampo dichiaratamente russo, basato su impeto e nettezza dei contrasti più che sulla precisione dei dettagli; della sonata scubertiana la pianista russa sottolinea gli ardimenti armonici "e li fa suonare come un istante preso in prestito da Scriabin"; arditezze della critica a parte, dei circa 40 minuti in cui la sonata si dipana la Leonskaja ci offre una lettura assolutamente persuasiva.

Per il giovane Funghetto (così Schubert era scherzosamente chiamato dagli amici per il suo aspetto esteriore, certo non troppo attraente) anche il '22 è un anno di capolavori, risale infatti a quell'anno una delle composizioni cameristiche più note ed amate in assoluto: il Quintetto Die Forelle (La Trota) che Schubert scrisse per pianoforte, violino, viola, violoncello e contrabbasso.

Il titolo è dovuto all'uso che il musicista fece della melodia di un proprio Lied come tema per le variazioni che costituiscono il quarto movimento del quintetto; la lieve e tenerissima canzone dedicata al povero pesciolino da Christian Friedrerich Schubart, fedele amico del Nostro e suo poeta privilegiato, diviene soggetto di elaborazione all'interno di un grande affresco strumentale dove ognuno dei movimenti che lo compongono è un momento di altissima poesia.

Per Schubert la danza non fu mai energia fisicamente espressa nel movimento del proprio corpo, con il quale egli non ebbe un rapporto troppo sereno, ma fu espressione musicale amatissima, legata al ritmo e quindi all'armonia e forza della vita stessa - nonché agli usi che si andavano affermando nella festaiola società viennese: egli compose così minuetti, galop, danze viennesi, scozzesi, polacche, tedesche, (i cosiddetti Ländler) e soprattutto valzer.

In questo genere musicale leggiamo uno Schubert leggero e disimpegnato, e non risulta difficile immaginare il compositore in uno dei suoi amabili incontri conviviali con gli amici; non crediamo di fargli alcun torto proponendovi due valzer, originariamente per pianoforte, nella trascrizione che un giovane e valido chitarrista svedese ha fatto per il suo strumento.
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