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GENNAIO 2016

Gentile Uomini & Profeti,
ho seguito le riflessioni sulle unioni civili di sabato 30 gennaio. Il mio pensiero è andato all’incapacità di contenersi, e quindi del senso del limite sempre più trascurato nella nostra società. Premetto che non ho mai sentito la necessità di organizzare la mia spiritualità in un qualsiasi credo. Profondamente laica,  sono certa  sia un bene estendere i diritti del matrimonio canonico a ogni unione stabile sia etero che omosessuale. I diritti sono sempre benvenuti perché comportano anche doveri, e tutti possiamo beneficiarne. Credo che l’adozione (da parte di un componente di una coppia omosessuale che sopravvive alla morte del compagno/a) dei figli avuti dallo stesso da pregresse relazioni, sia da favorire. Anzi, darei impulso e renderei più accessibile questo istituto, data la sovrappopolazione su una terra malata e la nascita della maggior parte dei bambini in situazioni di deprivazione. Non mi offendono e non mi stupiscono neppure diverse espressioni sessuali tra individui adulti e consenzienti, di cui la natura ce ne  mostra una variegata gamma come l’ermafroditismo, la transessualità, l’omosessualità, il trasformismo, ecc. Detto questo, se è difficile definire cosa sia “naturale”, ci sono tuttavia verità alle quali non si sfugge. Una coppia composta da due uomini e da due donne non può generare. Pure una coppia eterosessuale può risultare sterile per alcuni impedimenti. Io sono contraria sia alla fecondazione assistita come all’utero in affitto. So che la maternità surrogata è vietata dalla legge italiana, anche se questa pratica è ormai diffusi in altri paesi, compreso il nostro. Nel delirio di onnipotenza che ormai permea il nostro tempo, non si rinuncia a ciò che non si può avere perché vogliamo tutto.  A che prezzo?  Vidi due anni fa un documentario girato in India, dove una banda di mascalzoni lucrava sull’utero in affitto di donne locali. Una di queste giaceva sfinita sul lettino dove aveva appena partorito il terzo bambino su ordinazione. Pareva più vicina alla menopausa che alla giovinezza, forse a causa della vita grama. In piedi, accanto a lei, stava il marito che ogni tanto le metteva una mano sulla fronte ancora madida di sudore. Questi rispondeva alle domande della giornalista dicendo che lei, la moglie, era ignorante e trovava giusto che il suo sacrificio si traducesse nel televisore al plasma e al divano che la macchina da presa faceva vedere nell’antro di una modesta casa . Da bestia da soma aveva fatto un salto di qualità diventando bestia da riproduzione per conto terzi, alienata da sempre e per sempre da se stessa  in modo tanto radicale. Dov’era il bambino? Uscito dall’utero con il cartellino del prezzo incorporato, era già stato impacchettato e spedito in qualche parte del pianeta, ritirato da qualche coppia borghese o di ricchi, famosi, viziati e infantili personaggi dello spettacolo o della moda, ultimo giocattolo a cui non potevano rinunciare. Dubito fortemente nell’amorevolezza di questi committenti, perché se non sono riusciti a morigerate il loro egoismo e a praticare l’educazione civile e sentimentale della rinuncia davanti all’impossibilità, vedo solo una probabile idolatria per un piccolo a cui devono farsi perdonare una provenienza tanto oscura e indicibile. Così per l’inseminazione assistita quando il corpo dice no tante volte. Forse che l’adozione non riproduca la stupefacente qualità dei loro insostituibili geni? Sono certa che queste situazioni si riverberino in negativo su tutti noi. Come ultima osservazione, questa corsa a normalizzare “l’anormalità”non è anche una forma di conformismo? Finalmente “normali”, ma che paura! 
Sempre grata delle Vostre programmazioni.
Cordialità
Liviana Daolio
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Gentile redazione,
stimolata dalla trasmissione di ieri domenica 31/01/2016 (per inciso ascolto Uomini e Profeti da più di 30) col prof. Gian Domenico Borasio vengo a voi perché vorrei parlarle di me.

A come fare a raccontare 65 anni col male addosso? Forse uno dei miei tanti versi può riassumere
ciò che vorrei dirle.

Nove anni e il dolore
mi entrò addosso.

Da allora mi tiene:
tenace-instancabile-continuo.

Per me altro scampo non
c’era che amarlo!

Fra i pochi, fra i mille,
farne impareggiabile amore.

Si ho amato anche il dolore, la sofferenza e,  come diceva il prof. Borasio, ho visto e compreso il dolore degli altri. Aggiungo solo per spiegarmi meglio che proprio fino a nove anni ero stata una bambina come tante poi l’ombra scura del male oscurò il mio cielo. A maggio i miei anni saranno 74ma fin da allora ho lottato per vivere e non farmi vivere avendo sempre accanto la cognizione della morte. Ora però sono sfinita, Da dieci anni vivo in nutrizione e respirazione forzata e vorrei andarmene in libertà e con spirito sereno, la mia ombra si chiama Distrofia Muscolare, la medicina dice mi ha trattato bene, io dico che ha sempre giocato a scacchi con me, ora però vorrei darle tutto perché confesso di aver vissuto e come dice il poeta Rilke
…perché noi siamo la buccia e la foglia, e solo la grande morte che è in noi è il frutto ......................................................................................................................
I miei più cordiali saluti.
Paola Nepi.
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Cara  redazione,
grazie di cuore e di mente (indisgiungibili!) per aver dedicato, nella trasmissione odierna, attenzione e cognizione su una questione vitale come la morte e il morire. Solo per questo (mettendo da parte il pudore, sperando di non risultarVi spudorato), mi permetto un "outing" molto personale.
Ho una mamma sopravvissuta da due anni ad una emorragia cerebrale devastante, che per amore prima che per dovere abbiamo deciso di portare a casa dalla RSU in cui era stata ricoverata a Ns. completo carico (una delle migliori !), e dove era una pena vederla sopravvivere tra il cinismo del personale paramedico; semicosciente, gravemente inferma, cieca, è segnata ! E ha segnato la nostra vita. Mio padre per il dolore ha avuto un grave problema di salute che per "miracolo" non ha lasciato strascichi... . Da allora, noi figli, nubili e soli, siamo stati isolati, abbandonati e a volte traditi e persino truffati da quasi tutti: conoscenti, amici, parenti, compagne, medici... . Si può dire che mia madre, nella sua "fragilità", è terminale, è morente: e questo fa paura e/o innesca comportamenti volti a sfruttarne la condizione, sua e di noi familiari.
Ars moriendi ed ars vivendi coincidono: l'altruismo e la generosità di mia mamma, la sua capacità di amare!, la sua intelligenza, che mia mamma ci ha trasmesso, è ciò che ci fa andare avanti con bontà e senza astio... (c'è anche chi, occorre ammetterlo, ricorre in buona o malafede, per vendetta o vile interesse, alla rivalsa legale...). La "medicina palliativa" non esiste nei fatti, i medici di medicina generale, i medici curanti, sono di fatto accanitamente "incuranti" e impegnati non a curare ma a fare scarica barile con le ASL, con un SSN a loro detta insufficiente per risorse ed organizzazione (e che in effetti è a dir poco assurdamente kafkiano nei suoi burocratizzati uffici, più d'ostacolo che d'aiuto). E intanto i malati terminali e i loro familiari vengono alienati in una sorta di non dichiarato ma concentrazionario Lager diffuso... . C'è chi c'è la fa e chi soccombe (perché anziano, poco istruito, economicamente fragile, ecc.).
Le strutture, per chi non può accudire amorevolmente queste persone a casa propria, per chi non le può ascoltare, per chi non le può far sorridere, per chi non le può far sentire ancora tra i propri cari, per chi non le può accompagnare mano nella mano verso la morte, sono nel migliore dei casi degli impietosi e mortificanti "mortifici" ! Per loro e per i loro parenti. Mortifici dove si pratica un interessato accanimento contro la morte che in realtà è contro la vita; dove le rette mensili (alte se non altissime e rovinose per chi le deve pagare, nella maggior parte dei casi...), è ciò che conta di più ! E lasciamo perdere i Comuni e l'Assistenza Sociale... . Praticamente inesistenti o peggio se esistenti... (più dannosi che benefici).
Spiace contraddire il Dott. Borasio, ma la Lombardia non è affatto esemplare in ciò ! Lo è relativamente rispetto al peggio di altre Regioni ma non in termini assoluti. E finché non ci sarà un cambio di mentalità dei medici, della maggior parte dei medici, non ci sarà cambiamento dal basso (i cambiamenti Top Down non sono sufficienti se calati da un'altezza legiferante - eutanasia, desistenza curativa, confini delle cure palliative, biotestamento -, che non sperimenta la bassezza di certi comportamenti...). E questo cambio di mentalità e sensibilità richiederà un cambio generazionale o più di uno ! Oggi non c'è attenzione per i morenti e quindi, senza attenzione, non c'è chiarezza e ripensamento (Aufhebung) nel pensare e nell'affrontare la morte in una socio-accozzaglia di impauriti "morti viventi", di zombie, più che di persone vive e vitali.
Su questa mia esperienza personale e familiare, sto tenendo una sorta di diaristica memoria: una "Ronda di Pietà"; che include l'acuto e arguto "biotestamento" di mia mamma e che forse, un giorno, potrà essere utile ad altri nell'affrontare un percorso che riguarda tutti !
Sole e salute  a  tutti voi di "Uomini e Profeti"
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Buongiorno,
In relazione alla puntata di oggi vi segnalo l'esperienza di medicina narrativa condotta a Milano da Fondazione LuVi, CEAS e Teatro Officina.
In breve, le tecniche del teatro sociale sono state portate nel mondo dei malati oncologici ospiti della Cascina Brandezzata, degli ospiti multi-diagnosi del CEAS e delle persone che li seguono, medici, infermieri, operatori. Un terzo gruppo era costituito da cittadini del quartiere Gorla, intercettati dagli operatori del Teatro.
Sono stati realizzati tre laboratori teatrali, condotti da Daniela Airoldi Bianchi e da Massimo De Vita, che hanno avuto esito in tre spettacoli la cui drammaturgia era l'esito dei tre percorsi di narrazione autobiografica.
Gli spettacoli hanno circuitato nelle tre sedi e sono poi stati "condensati" in un unico prodotto "La responsabilità del dire", che andrà in scena al Teatro Officina nel prossimo marzo.
Per info
http://www.teatroofficina.it/events/la-responsabilita-del-dire-2016-03-19/ Grazie e cordiali saluti
Chiara Bartolozzi
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Finisco ora di sentire la trasmissione sul morire e sui palliaitivi. Nturalmente con molto interesse  perchè ho novant'anni e dagli ottanta, data di un "nuovo inizio", per me bellissimo , ho cominciato a pensare alla morte non solo con serenità ma gioiosamente, proprio perchè ho amato  moltio la vita, e credo  che la morte abbia la stessa sacralità della nascita e ne sia la giusta sacrosanta conclusione, il polo opposto della stessa realtà. Per chi non crede: la gioia e non l'angoscia, di rientrare nel nulla da cui  è venuto; e  per chi ha fede, la gioia di  tornare a Dio  da cui  è venuto. (L'angoscia della morte è riservata, mi pare,  a tutti coloro che hanno rimosso il problema).
 Persoalmente non credo nella vita eterna, ma ho un senso religioso della vita che è  il mio amore stesso, ogni forma di amore terreno, soprattutto amore per l'iUomo  che è anche  fede nella sua  perfettibilità sul modello del Cristo UOMO. Amore per  la parte "divina"(il bene)  che c'è in ogni uomo.
Questo mi porta ad avere  ancora molti interessi  e a reagire (anche con farmaci) alla fatica fisica di vivere (perchè la vecchiaia è in sé una malattia ) con un'energia che stupisce perfino il mio geriatra.  Se mai, l'' angoscia che ogni tanto mi assale è quella della sopravvivenza. Se mi toccasse vivere ancora sette, otto, dieci la mia stanchezza diventerebbe insopportabile,   non potrei evitare la demenza,  un'esistenza senza vita, totalmente dipendente da altri.   Allora i "giusti" della medicina,  che sostengono l'uso anche precoce dei palliativi in casi di malattie senza uscita, dovrebbero in piena coscienza, finche non diventi legge, rispettare il diritto all'autodeterminazione del paziente non solo quando si tratta di un  malato terminale per quanto concerne la vita fisica,  ma anche per quanto riguarda la vita mentale e spirituale, che è ciò  distingue la vita umana da quella dell'animale, anche intelligente  ma non consapevole. Naturalmente solo dopo essersi accertato della volontà espressa direttamente, se è ancora lucido, da chi soffre nel fisico o nello spirito; oppure espressa per iscritto o testimoniata dai familiari . 
Vi
ringrazio per 'attenzione. Uomini e Profeti, è un grande vanto dalla nostra Radio Rai.
Milli Martinelli
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Cara redazione.
grazie per la luminosa trasmissione di domenica scorsa.
Ci ha ricordato che il senso più autentico del nostro vivere è la consapevolezza del suo limite, la morte.
Sono moglie e sorella di pediatri, quindi si parla spesso di nascite nella mia casa, ma a volte succede di dover affrontare il dolore e lo sconcerto della morte di un bambino e, se trovarne il senso è peccare di ubris, è altrettanto fondamentale pensare che un senso ci sia, fosse anche soltanto nella paziente e lacerante condivisione degli ultimi istanti col malato e i suoi genitori in quel difficile passaggio da una dimensione di vita ad una dimensione altra.
Grazie di cuore!
Chiara Frassi
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Gentile  redazione,
ascolto con attenzione qui a Buenos Aires  la  puntata intorno al family day. Molto attendibili, umani, aperti e preparati i suoi ospiti come al solito per altro , tuttavia ascolto con certa perplessità nominare spesso Papa Francesco proprio in questa puntata e intorno a questo argomento.
Sono argentina, abito a Buenos Aires, da alcuni anni al mio Paese esiste il così detto  "matrimonio igualitario" cioè  il matrimonio vero e proprio tra coppie dello stesso sesso. Quando la legge fu varata prima nel  parlamento del governo autonomo della città di Buenos Aires, l'allora arcivescovo della città, cardinale Jorge Bergogliò organizzò una manifestazione  alquanto numerosa per opporsi a questa legge.
 Alcuni anni sono passati, molte coppie omosessuali hanno adottato bambini che oggi frequentano asili  e scuole e che per lo più sono ben inseriti.
Non è mia intenzione mettere sotto cattiva luce Papa Francesco che ammiro ma mi sembra giusto segnalare un suo atteggiamento  ben diverso da quello che ascolto dai suoi ospiti. Magari e spero sinceramente che il pensiero del Papa sia cambiato rispetto ad allora anche perché ha potuto constatare proprio nel suo Paese che l'mportante è amarsi e dare amore per creare una famiglia.
Esprimendo vivamente i miei auguri per la  trasmissione  che ascolto per Podcast con enorme entusiasmo,  vi  saluto cordialmente.
Analía Requejo ( Buenos Aires)
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Si incamminarono tutti in fila tutti in silenzio anche le mamme con i loro bambini senza protestare senza urlare perché il dolore era contrario alla dolcezza che volevano dare. Il silenzio degli aguzzini era diverso. Pensavano alle loro famiglie al caldo di fronte al fuoco di un focolare non a quello di un forno che ti avrebbe bruciato.  Camminavano le mamme e guardavano i loro uomini. Quelle teste abbassate che si picchiavano nella mente per essere incapaci di ribellarsi. Ma a chi ti puoi ribellare con le mani nude con la mente in tempesta con la stanchezza immensa come un mare che ti inghiotte. Ti ricordi padre come sono affogato.  Ti ricordi di quello che mi avevi promesso? Ti ricordi di quello che avevi detto alla madre? Sono io che devo sempre morire in un forno del campo di sterminio, in un gommone giá sgonfio prima di partire.  Morire bruciato morire affogato morire di fame morire senza amore non mettere le virgole sul mio morire. Mamma tace sempre e poi piange. Mamma perché mi accompagni a morire? Non guardare papà,  rispondimi!  Perché mi avete voluto in questo mondo triste? Perché sono nato ebreo, nero, o di un altro colore o di un'altra religione? Io ti volevo felice e non marciare così con te verso la morte, volevo esserti madre. E io volevo solo esserti padre ma non sapevo che era così difficile!  Guardia tu hai figli? Non mi devi parlare i miei figli stanno con la loro madre ad ascoltare storie! Non le nostre storie! Non le tue storie padre che vede sua moglie e il vostro figlio morire, io mi vergognerei! Il mio papà non si deve vergognare non è lui che mi ha portato in un campo di concentramento, ed è lui che mi ha portato via dalla morte nel paese in cui vivevo. Non ha colpa della mia morte ne hai colpa tu guardia e chi ti manda a farmi morire. Perché è facile farmi morire.   
Ugo Brusaporco 
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Buongiorno

sto ascoltando la trasmissione e vorrei far notare: è vero, gli italiani sono stati tristemente famosi per la mentalità 'machista' MA se la si denunciava NON si passava per RAZZISTI. Adesso, se fai notare che la mentalità islamica è pesantemente sessista, è la prima accusa che ricevi. Vogliamo per favore ripristinare una parvenza di equilibrio?
Cordialmente
Francesca Bosi
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Buongiorno,
Perché tutta questa paura di utilizzare il termine "scontro di civilità"? E' evidente che tra certe tradizioni culturali retrive, patriarcali, sessiste, incuranti degli elementari diritti umani (da qualunque punto del pianeta provengano) e la cultura occidentale sviluppatasi nel dopoguerra c'è un'incompatibilità di fondo. La religione non c'entra, ovvero c'entra soltanto nella misura in cui, purtroppo, è sempre stata intrecciata alla cultura tradizionale. Se il gruppo di persone che si sono riunite a Colonia per molestare le donne avevano l'intenzione di eseguire una spedizione punitiva contro l'eccessiva liberalità dei costumi tedeschi, il fatto è gravissimo e inaccettabile. Non può essere giustificato in alcun modo. Questo è lo "scontro" che va gestito, non negandolo o chiudendo un occhio, ma trovando un modo autorevole per far rispettare, in occidente, i diritti civili occidentali. Chi voglia essere accolto nelle nostre società si impegni ad accettare le nostre forme di convivenza civile, i nostri valori, le nostre norme. Riceverà così il nostro rispetto.
Ho assistito, a Milano, a una scena che mostra, nella sua semplicità, il divario tra forme di cultura così diverse come la nostra e quella araba. Una ragazza italiana che rideva parlando con un suo conoscente veniva sgridata da un arabo (sconosciuto) che evidentemente riteneva indecorosa la condotta della ragazza. Indecorosa per la sua cultura, non per la nostra.
Sono convinto che non si debba, per l'assurda paura di essere considerati razzisti, lasciare che vengano violate le nostre libertà e repressi i nostri stili di vita.

Sostenere che non tutti i componenti di un tipo di cultura si comportano allo stesso modo è corretto, ma non si può ignorare che ci sono dei tratti culturali di fondo che non si armonizzano con altre forme di cultura. La soluzione non può essere quella in cui noi rinunciamo ai nostri diritti e ai nostri costumi. Non vi pare?
Cordiali saluti,
Stefano
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Il fatto che l'ospite della trasmissione di questa mattina a "Storie" del 16 gennaio 2016, parli ancora di "donna d'altri", testimonia come tutte le religioni monoteiste debbano ancora fare tanta strada verso il totale rispetto della dignità femminile.
Esiste la donna come individuo non come possesso altrui.
Maria Grazia Leonardi

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Ho  ascoltato attentamente la trasmissione di oggi sulle riviste e la prima sensazione che ho avuto è quella di una trasmissione positiva, che è servita a focalizzare alcuni elementi importanti dell'attuale crisi delle riviste religiose.
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La crisi delle riviste è anche inserita in una gestione della cultura, da parte delle classi dominanti che certo non sono gli ultimi della terra, finalizzata solo ed esclusivamente al massimo profitto. Tendenza che spiega la progressiva privatizzazione della scuola con una separazione sempre più netta fra una scuola di elite, costosa e privata ed in grado di formare pochi nuclei di persone in grado di garantire la tecnologia indispensabile ai profitti e dall'altro una scuola spazzatura per la grandissima massa di persone a cui viene dato in pasto un residuato di cultura o una vera e propria "cultura spazzatura", cioè la negazione di tutto ciò che ha predicato, per esempio, don Milani con Lettera ad una professoressa, o che hanno fatto preti come don Primo Mazzolari che con il suo Adesso ha rappresentato il prototipo delle riviste di area cattolica.
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Vi è poi la questione dei settimanali cattolici di cui ha parlato Ferrò che meriterebbe da sola una trasmissione specifica. Mi sembra che questi settimanali vengano visti in modo positivo ma, per le poche cose che so, anche questi settimanali non tarderanno ad entrare nell'occhio del ciclone perchè essi rappresentano ad oggi solo una fonte di spesa senza alcun ricavo sul piano economico. Questo è almeno quello che succede qui al sud dove i settimanali cattolici, editi dalle diocesi, vengono in pratica regalati nelle parrocchie. È dubbio quindi il loro vero valore culturale. Veicolano inoltre quello che vuole la gerarchia che è in grande maggioranza conservatrice, non aperta al mondo, arroccata a difesa del fortino assediato ecc. Una gerarchia che rappresenta un cristianesimo incapace di fare i conti con la propria crisi e con la realtà.
Vi è infine la questione "mammonica", il fatto ciò che tanti ordini religiosi e strutture importanti dello stesso Vaticano siano stati coinvolti in speculazioni finanziarie o addirittura in riciclaggio di denaro sporco, attività cioè niente affatto evangeliche con uso di risorse assolutamente lontane dallo spirito evangelico.
.......................................................................................Io penso, per concludere, che la crisi delle riviste sia appena all'inizio e che presto ci saranno sconvolgimenti importanti in tale settore in ambito cattolico. In ambito protestante si vive la stessa crisi che,  per il momento, è stata risolta dalla chiesa valdese con il ricorso all'otto per mille da parte di riviste come Confronti, ma la crisi resta e li, che io sappia, non se ne discute neppure per capire dove andare..........................................................................................................................

Giovanni Sarubbi
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Buongiorno alla Redazione,

seguo da molti anni «Uomini e Profeti» con molto interesse; i temi trattati, sempre di grande attualità,
mi aiutano non poco anche nella preparazione delle mie omelie (sono infatti parroco nella diocesi di Catania).

Nell’ultima trasmissione sul battesimo dei cristiani, che ha avuto come ospite l’ottimo Paolo Ricca,
egli ha affermato che Gesù non ha battezzato. Probabilmente l’insigne teologo avrebbe dovuto spiegare meglio la sua affermazione au passage, perché in verità si legge in Gv 3,22: «Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea, e là si tratteneva con loro e battezzava.»
Forse un ulteriore chiarimento esegetico in merito sarebbe necessario…

Avanti tutta e complimenti!

don Carmelo Signorello
Catania

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Cara  redazione,
in una notte insonne ho ascoltato diversi podcast della sua rubrica.
Sono un ascoltatore appassionato della trasmissione, ma non fedele, per via dell'orario per me impossibile. Recupero quindi quando posso, grazie ai podcast.
Vi  scrivo velocemente per ringraziarvi  soprattutto della puntata di domenica scorsa con Paolo Ricca, sul battesimo (ho appena ordinato il libro).
Sono un prete e alimento la mia vita grazie anche alla sua trasmissione, sempre interessante, inquietante nel senso più bello della parola, aperta alle mille sfaccettature della fede.
Molti anni fa avevo potuto sentire dal vivo il pastore Paolo Ricca, in un convegno, commentare due versetti di Paolo. Ne rimasi affascinato. Riascoltarlo a "Uomini e Profeti" è un'esperienza profonda di comunione, nella bellezza della diversità (provo una gioia che non so descrivere, di sentirmi discepolo e fratello di questo pastore valdese dalla grande fede e dal grande amore per la Bibbia).
Così potrei dirle per decine di altre puntate che hanno lasciato in me sempre un seme, uno spiraglio nuovo, una possibilità diversa di guardare a cose che pensavo di conoscere.
Grazie di cuore per il suo lavoro.
La saluto cordialmente
Andrea Marongiu

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