"Tutti noi abbiamo un ideale. Il mio è di essere tanto vicino e tanto fedele al compositore quanto più è possibile"; queste parole del direttore Yuri Ahronovitch rivelano la sua particolare concezione del dirigere, una disponibilità a mettere le proprie energie e la propria passione al servizio dell'idea di un altro.

Per sapere qualcosa in più su questo direttore, nato a Pietroburgo nel 1932, potete tornare alle nostre annotazioni del 14 marzo scorso, fatte in occasione della trasmissione dedicata alla sua significativa permanenza a Stoccolma, dove fu Direttore Principale dal 1983.

Degne di nota le parole con cui alla sua scomparsa, avvenuta nel 2002, lo salutava in una rivista italiana Segio Sablich: "Era affascinante sentirlo raccontare le vicende spericolate della sua vita, di quando era stato un giovane, devoto pupillo di Prokof'ev e `ostakovi
negli anni bui del regime sovietico e aveva salvato dalla distruzione alcune partiture di Skrjabin, della sua deportazione in Siberia, del ricongiungimento a Israele per affrontare una nuova giovinezza...".

Sempre nello stesso articolo si dà grande rilievo alla ricchezza dell'umanità di Yuri Ahronovitch: "Le prove, le sofferenze che lo avevano segnato a fondo, la sua solitudine, avevano dato un risultato sorprendente: un ottimismo candido e positivo, una serenità decantata, la semplicità di chi, felice di essere sopravvissuto senza rancori agli orrori, guarda con animo grato, dopo averli soppesati, ai valori della vita."; da questo derivava "una ricchezza umana e intellettuale che si trasmetteva all'orchestra per via interna, di cui il gesto era un indicatore di segnali anzitutto emotivi....I musicisti con lui si sentivano al tempo stesso spronati e protetti: messi nella condizione di esprimersi secondo le proprie qualità".

Non si può dimenticare che per Ahronovitch la musica è davvero un valore assoluto, da rispettare e servire appieno, e le sue parole - semplici e radicali - ne sono una conferma: "La musica è sempre stata, è e sarà ciò che tiene saldo l'animo umano"; "Dovete suonare ogni nota come se fosse una scelta morale. In ogni nota che suoniamo c'è tutta intera la nostra vita".

Aprirà la nostra trasmissione la Rapsodia ebraica per violoncello e orchestra di Ernst Bloch dal titolo Schelomo (Salomone in ebraico); con queste parole lo stesso compositore commenta la sua opera, composta nel 1915-6: "Io non desidero né mi propongo di fare una ricostruzione della musica degli Ebrei...o basare il mio lavoro su melodie più o meno autentiche. Non sono un archeologo. Io credo che la cosa più importante sia scrivere buona musica e sincera - la mia musica. E' piuttosto lo spirito ebraico che mi interessa, l'animo complesso, ardente, agitato, che vibra nella Bibbia. Il vigore...dei Patriarchi, la violenza...nei libri dei Profeti, quell'ardente amore per la giustizia...il dolore e la grandezza del libro di Giobbe, la sensualità del Cantico dei Cantici. Tutto ciò è in noi, tutto ciò è in me, ed è la parte migliore di me".

Con Ahronovitch, qui a capo dell'Orchestra Sinfonica della Radiotelevisione dell'URSS, il grande violoncellista Mstislav Rostropovich in una registrazione del 1964; dalla stessa incisione ascolteremo anche il Concerto per violoncello e orchestra composto nel 1940 da Paul Hindemith.

Completa la puntata quella Sinfonia n. 6 di Antonin Dvorak che può essere considerata per Ahronovitch una sorta di sigla distintiva, brano che esprime appieno la grande sensibilità del direttore; terminiamo con un ennesimo invito all'umanità fatto dal direttore russo: "In un momento in cui il nostro mondo è sempre più caratterizzato dalla tecnologia, è importante ricordare questo: in quanto esseri umani dobbiamo re-imparare a connetterci tra noi, dobbiamo di nuovo percepirci reciprocamente per incoraggiare e celebrare la comprensione umana".

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