Il tragico mito della bella regina di Babilonia arriva a noi dalla Grecia antica ispirando molti autorevoli letterati: alla fosca storia di
Semiramide, in cui si mescolano incesto e matricidio, odi atavici e passioni - oltre che vendicativi fantasmi di shakespeariana eco - dedicarono la loro attenzione autori come Metastasio, Voltaire e Paul Valéry.
A partire dal '600 molte sono state le versioni musicali di questa vicenda: dalla
Semirami di Cesti (1667) alle molteplici versioni settecentesche (che vedono nei titoli la regina Semiramide
Riconosciuta, Redenta, In villa, Abbandonata, In India...) composte da Vinci, Porpora, Paisiello, Iommelli, Gluck, per arrivare poi a Mozart (col suo perduto
"Semiramis"), Rossini e - nel XX secolo - Arthur Honegger.
Nel 1823
Gioachino Rossini doveva scrivere un'opera per la Fenice di Venezia: non volendo sperimentare su quel prestigioso palco un genere come quello dell'opera buffa di stampo napoletano, che aveva un linguaggio troppo innovativo e risultava quindi rischioso per l'esigente platea veneziana), il musicista scelse un argomento serio.
Auspicando di replicare il successo ottenuto alla Fenice dieci anni prima dal suo
Tancredi, Rossini si rivolse così allo stesso autore - Voltaire - (che modificava in parte il mito originario di Semiramide), ed allo stesso librettista (Gaetano Rossi) che a sua volta ritoccò il testo francese, lavorando più sull'originale che sulla pur più che buona traduzione del Cesarotti ed integrandolo anche con un nuovo personaggio.
Rossini volle fare della sua
Semiramide un'opera di grande equilibrio, alternando sapientemente all'elemento tragico quello amoroso, secondo un raffinato gioco psicologico che mira a non appesantire la fruizione del pubblico con il sovrapporsi degli elementi drammatici, ma li stempera e separa con ugualmente importanti parti dedicate all'amore tra i vari personaggi.
Molto Rossini viaggerà dopo la sua permanenza a Venezia: sarà a Londra, Parigi, in Spagna, a Firenze e Bologna, prima di tornare nella capitale francese dove morirà; la
Semiramide è ricordata quindi come l'ultima prova teatrale in patria del musicista pesarese, che con essa raggiunge esiti artistici altissimi.
Joan Sutherland incise nel 1966 con Marilyn Horne una
"Semiramide" rimasta memorabile; la nostra attenzione va alla registrazione che la cantante fece con Giulietta Simionato nel ruolo di Arsace ed un cast tutto italiano alla Scala di Milano nel 1962.