Se in campo con la maglia numero uno c'è Albert Camus, è il caso di dire che quello del portiere è il ruolo più letterario del calcio. E non banalmente perché vinse il premio Nobel per la letteratura, ma perché chi gioca tra i pali sviluppa la capacità di osservare da un punto di vista diverso: da dietro, dall'alto di un volo sotto la traversa, strisciando sui gomiti o raggomitolato con la terra in bocca. Il portiere, come lo scrittore, è l'estremo difensore, è solo, e la sua visione del mondo è quella di chi si oppone, lotta e si arrende per ultimo. Attraverso una scrittura mai scontata, Emanuele Santi intreccia la storia del calcio e quella dell'Algeria ancora colonia francese con gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza di Camus, mostrando come proprio le memorie vive di portiere abbiano favorito, se non determinato, la scrittura di un romanzo dirompente e immortale come "Lo straniero".
20130705ContentItem-dee2fa16-2d7c-44d9-b9d5-0b02958f9d42ContentSet-2e0245ec-3848-4b0c-9670-73b49d8929eePublishingBlock-ae8424da-2bbd-4257-8fe9-9468925fa1dbPage-325ca4d6-7114-4990-9f6c-d11884397a94articolo/dl/img/2013/07/75x56137301103077150.gifIl portiere e lo straniero05/07/2013
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