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Oltre il Salone

Recensione - Le novità editoriali

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di Autori vari



Il Salone del libro si è concluso pochi giorni fa e ne sappiamo meno di prima. Difetto nostro. Raccogliendo le notizie dalla stampa nazionale leggiamo e riportiamo. Chi dice i lettori adesso scelgono ipermercati e librerie online, con i dati che indicano questa nuova tendenza in grado di salvare le vendite. Chi dice l’effetto dell’ebook si è già sgonfiato – addirittura sepolto dalla novità «app», un’applicazione per i possessori di iPad che in questo frangente rappresenta il settore più promettente della nuova editoria digitale – e dopo l’entusiasmo dell’anno passato ora affiora la delusione. Chi dice ci penseranno i piccoli editori, perché sono i più convinti del mezzo elettronico; fino a sostenere quando il digitale si affermerà, il cartaceo farà la fine del vinile (ma sono disinformati, perché il vinile sta ritornando di moda!). Chi dice è solo questione di tempo, perché ci sono i progetti per continuare a crescere (dopo una stagione, ammettono, in chiaroscuro); e citano le nuove opportunità di sviluppo per romanzi brevi e fumetti, augurandosi arrivi in Italia per l’estate il Kindle (il dispositivo a inchiostro elettronico che spopola negli Usa ed è appena approdato in Germania). Chi come il filosofo-star Slavoj Žižek ha ammonito sui sempiterni temi della post-modernità, la crisi e il proletariato; e chi più sommessamente come Dacia Maraini ha rimarcato ancora una volta la poca presenza delle donne nell’Italia dei libri. Chi ha denunciato le censure e i silenzi per neutralizzare le opinioni. Chi ha visto confermato il proprio blasone, come Umberto Eco e Piergiorgio Odifreddi. E chi ne è uscito ammaccato, come Federico Moccia e Antonio Scurati. Chi profetizza l’arrivo di Alain Elkan ai vertici della Fiera. Chi lancia la proposta delle Città del Libro, ipotizzando una rete di Festival da Mantova a Modena. Chi dice l’atmosfera del Salone piace di più se è calda (tanto per cambiare!); con polemiche anche di natura politica, dalle quali tuttavia gli organizzatori hanno preso le distanze, e la bellezza di 305mila visitatori cui pare piacciano confronti accesi più che mai. Chi infine ha fatto notare come in Usa, secondo le recenti e impietose statistiche di Nielsen BookScan, i nostri scrittori più famosi come Antonio Tabucchi, Margaret Mazzantini, Melania Mazzucco, Roberto Saviano, e con la possibile eccezione sembra di Beppe Severgnini, producono scarso interesse presso l’opinione pubblica.

Come commentare queste notizie? E’ tutto vero, oppure è tutto falso? Siamo ancora scossi dal bell’articolo di Roberto Brunelli su L’Unità dello scorso 4 maggio; che ci ragguagliava sulle bugie dell’Auditel (quasi un mentore religioso per chi lavora nel mondo dei media). Al punto che paradossalmente riprende vigore la contestata figura di Tommaso Debenedetti - figlio di uno stimato scrittore e giornalista e nipote di uno dei più grandi critici letterari del Novecento - divenuto celebre per le interviste fasulle ad importanti scrittori come Gore Vidal e Philp Roth.

Non ci resta che tornare sulla strada maestra e segnalare qualche buon libro. Tra i più belli usciti recentemente ci piace segnalare “Le parole disabitate” di Raffaella De Santis per i tipi di Aragno, un editore tanto piccolo quanto raffinato. Nel testo l’autrice raccoglie quelle parole cadute in disuso, sostituite da altre e di cui abbiamo perso traccia. E’ un viaggio nel tempo come si usa dire ma va persino oltre questa dimensione; provocando emozioni contrastanti e parecchie riflessioni su quello che, pure attraverso la lingua, abbiamo perduto forse per sempre.

Le parole sono anche il motivo conduttore di “Quando parla Gaber”, un volumetto assai intrigante dove il famoso fotografo Guido Harari ha messo insieme i pensieri e, potremmo aggiungere, le provocazioni del grande artista milanese, scompaso nel 2003. Ne viene fuori un’antologia civile, non a caso pubblicata da un editore molto sensibile sul piano civico come Chiare Lettere, in cui molti potranno rispecchiarsi.

Più articolate e complesse sono indubbiamente le parole della critica letteraria. Enzo Golino ne è stato uno dei protagonisti più importanti, avendo collaborato per diverse e prestigiose testate come L’Espresso e La Repubblica, ed ha deciso di affidare all’editore Le Lettere una raccolta dei suoi interventi migliori. Il volume si intitola “Madame Storia & Lady Scrittura” e presenta appunto un’antologia di saggi, cronache e interviste realizzate da Golino nell’arco di una vita interamente dedicata all’amore per i libri.

Sul filo della memoria si sviluppa invece il raffinato intreccio di “Millenovecento. Storie di Siciliani”, pubblicato da Edizioni di passaggio, dove la giovane autrice Alessia Porto, non estranea al linguaggio delle immagini per parallele esperienze professionali, ha riunito quasi in forma di sceneggiatura le testimonianze dei pastori, dei carbonai, dei taglialegna, dei venditori di muli dei primi del Novecento. La Sicilia e i siciliani rimangono, secondo il parere di molti, entità misteriose. Ma la Porto - grazie alla felice realizzazione di questo libro, lodato anche da Goffredo Fofi - aiuta il lettore a comprendere qualcosa di più, e a dare finalmente luce a uomini e donne spesso esclusi dalla storia.

In maniera combattiva invece Gian Luigi Beccaria e Tomaso Montanari, entrambi nella collana Vele di Einaudi, utilizzano le parole per argomentare le proprie invettive. Beccaria in “Mia lingua italiana” pone l’indice verso l’uso del linguaggio, ricordandone l’importanza capitale avuta nella formazione del nostro paese e manifestando invece le preoccupazioni per le tendenze attuali. Montanari applica uno schema simile, rivolgendolo tuttavia al patrimonio artistico e denunciando pericolose forme d’incuria.

Le parole infine degli scrittori. Quelle di Leonardo Sciascia; di cui Adelphi pubblica i bei racconti “Il mare colore del vino”, scritti tra il 1959 e il 1972. Di Guido Ceronetti, del quale lo stesso editore ha appena stampato “In un amore felice”, e dove l’anziano scrittore descrive un’originale e struggente storia d’amore. E quelle di Germano Lombardi, letteralmente recuperato dall’editore Il Canneto, che in “Villa con prato all’inglese” ci fa rammentare quanto era bravo. Lombardi morì solo in una mansarda di Parigi nel 1992. Era stato tra i fondatori del Gruppo ’63, tanto per dirne una.


A cura di Vittorio Castelnuovo
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