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Un euro di imposte per ogni litro. In Italia la benzina più cara d’Europa

Sergio Rizzo - Corriere della Sera

Un euro di imposte per ogni litro. In Italia la benzina più cara d’EuropaRispetto al 2008 il costo del barile è sceso del 19%, ma le accise sono aumentate del 46%. Date le quotazioni attuali del greggio, alla pompa non dovrebbe superare i 44 centesimi, ma poco meno del 70% va dritto al fisco.
Si mettano l’anima in pace, gli automobilisti. Perché se anche il prezzo del petrolio dovesse sfondare il suo minimo storico, che fu toccato il 10 dicembre 1998 quando le quotazioni del brent calarono a 9 dollari e 55 centesimi, mai e poi mai la benzina costerà meno di un euro al litro. Sospettano i maligni che sia tutto un gioco delle compagnie petrolifere, lestissime a rincarare se il greggio sale e invece lentissime a tagliare se il greggio scende. Nel conto c’è da mettere pure questo, ad essere sinceri. 
Ma la vera colpa ce l’hanno le tasse. Negli ultimi anni, con un processo carsico, sfuggito quindi all’attenzione di quasi tutti gli italiani, il gravame fiscale sui carburanti è salito in modo vertiginoso, inarrestabile e furbesco. Al punto che oggi le imposte rappresentano ben oltre i due terzi del costo alla pompa di un litro di gasolio. La pervicacia con cui il fisco si è accanito sui derivati del petrolio viene fuori con tutta la sua arrogante evidenza da un confronto che ha fatto l’ufficio studi della Confartigianato diretto da Enrico Quintavalle fra i prezzi attuali e quelli di sette anni fa. Quando il costo del petrolio sui mercati internazionali era pressoché agli stessi livelli. Allora, nel dicembre 2008, tenendo conto che la moneta europea era decisamente più forte di oggi sul dollaro, le quotazioni del brent si attestavano intorno ai 29 euro e il prezzo medio alla pompa del gasolio per autotrazione era di un euro e 111. Oggi, con un costo medio del petrolio a circa 30 euro, il prezzo medio della nafta è invece di un euro e 251: il 12,6% in più. E questo, si badi bene, nonostante il prezzo al netto delle imposte sia del 18,8 per cento inferiore. Il che significa un rincaro del 31,4% esclusivamente attribuibile alle tasse: niente affatto sorprendente, se si pensa che in 7 anni le accise sono cresciute del 46% e il carico dell’Iva è aumentato a sua volta del 21,8 per cento. Grazie anche a un marchingegno tutto da spiegare. 
Nel dicembre 2008 le accise pesavano su un litro di gasolio per 42,3 centesimi. C’erano poi da sommare 18,53 centesimi di Iva: non il 20 per cento (livello dell’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto allora vigente) rispetto ai 50,34 centesimi che all’epoca costituivano il prezzo della nafta al netto del carico fiscale, bensì quasi il doppio. Esattamente, il 36,8 per cento. La ragione? L’Iva non si applica soltanto sul prodotto industriale, ma anche sulle accise: con il risultato surreale che qui si tassano anche le tasse, per la maggior gloria del fisco. A conti fatti, le imposte, più naturalmente le imposte sulle imposte, toccavano 60,82 centesimi, il 57,4%del totale. Mentre ora si è arrivati a 84,31, e siamo al 67,4%del totale. Una differenza di quasi 23,5 centesimi per litro, che proiettata sulle 22 milioni di tonnellate di gasolio consumate annualmente in Italia significa per il fisco un maggiore introito di quasi 5,2 miliardi di euro ogni 12 mesi. E non è cosa da poco, soprattutto considerando il subdolo meccanismo che abbiamo raccontato. Il solo effetto delle tasse sulle tasse è di quasi 14 centesimi al litro, pari a circa 3 miliardi di euro sui consumi totali di gasolio. 
Poi c’è la benzina, e le cose non vanno assolutamente meglio. Perché qui le accise gravano su un litro per 72,8 centesimi, e se si aggiunge anche l’Iva, considerando anche in questo caso l’impatto delle tasse sulle tasse, il peso del prelievo fiscale sfiora un euro su un costo medio alla pompa di un euro e 421. Dato che senza imposte e con le quotazioni attuali del greggio un litro di benzina non dovrebbe costare più di 44 centesimi, se ne deduce che poco meno del 70%del prezzo finale va al fisco. 
La conclusione a cui arriva l’ufficio studi della Confartigianato è che i consumatori italiani pagano il gasolio più caro di tutta Europa, con le uniche eccezioni di Svezia e Regno Unito, nonostante un costo nudo e crudo del carburante che è appena al ventesimo posto nel continente. E pagano anche la benzina più cara di tutta l’Unione, escludendo i soli Paesi Bassi. Negli Stati Uniti un litro costa 47 centesimi di euro, in Arabia Saudita 23 centesimi. 
Né manca una beffa finale: perché la differenza fra il nostro prezzo della «verde» e la media europea, pari a un euro e 273, è dovuta interamente a quel meccanismo perverso dell’Iva calcolata anche sulle accise di cui abbiamo parlato. Un fatto francamente inaccettabile, da far inorridire anche la costituzione. 

sito del Corriere della Sera 
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