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Cara Isabella

la lettera di lunedì 3 dicembre

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    Cara Isabella,
    ho scoperto la sua storia da un articolo di Laura Bogliolo sul Messaggero e ho capito subito che dentro c’era qualcosa di duro e di vero. C’era la vita. L’ho vista alzarsi tutte le mattine alle quattro nel suo appartamento di Torvajanica, rassettare in silenzio, preparare la colazione ai quattro bambini, uscire piano quando fuori era ancora buio e non si poteva vedere il mare. L’ho vista salire sul pullman che percorre la Pontina facendo lo slalom fra le buche, arrivare a stazione Laurentina e prendere la metro B, scendere a Termini e dopo attese e sballottamenti infiniti, salire sulla linea A, mescolandosi ai volti sfatti che si incontrano sui mezzi pubblici. L’ho vista scendere al quartiere Tuscolano, percorrere a piedi via Nocera Umbra, entrare nel bar e mettersi al forno per preparare i cornetti. Il suo orgoglio. Il suo sogno. Aprire un forno tutto suo. L’ho vista, Isabella, tornare a casa la sera, dopo la stessa trafila di metro e di bus, quando era di nuovo buio e a Torvajanica non si poteva vedere il mare. L’ho vista consumarsi giorno dopo giorno, sera dopo sera, a soli 34 anni. Stanca morta, eppure così viva, così leggera, così attenta alle vicende del quartiere, persino a trovare rifugio a tre cani randagi.La più randagia di tutti era lei e a un certo punto ha cominciato a sentirsi male. Ma suo marito muratore aveva perso il lavoro e lei non poteva fermarsi. C’erano anche i regali di Natale per i bambini da comprare. Bisognava lavorare anche di più. Così una domenica di metà novembre si è alzata alle quattro, è salita sul pullman senza vedere il mare, ha preso la metro e ha cambiato a stazione Termini. Lì si è afflosciata, senza dire una parola. Dopo è stato inutile tutto. Tutto, tranne la sua vita. L’edicolante all’angolo del suo bar ha preso una scatola, ci ha fatto un buco in mezzo per le offerte e ha scritto sopra: “Aiutiamo i figli di Isabella”.Sono due settimane che davanti a quella scatola scorre una processione di studenti, impiegati, pensionati. Ognuno si rovista le tasche in cerca di uno spicciolo. Lo fanno per i suoi figli, certo, Ma anche perché il suo sacrificio silenzioso ricorda a tutti noi che, sebbene questa vita non sia una vita, certe persone riescono ancora a nobilitarla con il fremito della passione. Se usciremo vivi da questa crisi che ci abbruttisce, il merito sarà esclusivamente delle persone come lei, che abitano la fatica continuando a coltivare un cuore aperto e gentile. Qualcuno ha detto che lei era una schiava. Non sono d’accordo. Lei, per me e per tanti, sarà sempre una regina. 

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