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Progetto Verdi: Stiffelio

in onda martedì 10 settembre alle ore 21,00

Progetto Verdi: Stiffelio

Il dramma “Le Pasteur, ou l’Évangile et le Foyer” (Il Pastore o Il Vangelo e il focolare) di Souvestre e Bourgeois era stato rappresentato a Parigi nel 1849, ma nella Penisola era già stato presentato l’anno prima in versione italiana; questa storia di gelosia con ambientazione religiosa sarà il soggetto più moderno scelto per una sua opera, da Giuseppe Verdi che con la collaborazione di Francesco Maria Piave darà vita a ”Stiffelio”.

La vita di questo lavoro fu piuttosto travagliata: il trattare sul palcoscenico argomenti religiosi attirò subito la censura, che abbatté sull’opera la propria mannaia: un protagonista sposato e contemporaneamente ministro di Dio (seppur di confessione protestante) era considerato inaccettabile, tanto più nella narrazione di un tradimento; molti riferimenti chiesastici furono espunti, eventi e frasi ad effetto (come il celebre “Ministro confessatemi” della fedifraga moglie a Stiffelio) non potevano certo passare impuniti al vaglio censorio.

Dopo la prima del 1850 a Trieste l’opera subì ulteriori “aggiustamenti” che modificarono la storia originale dando luogo ad una versione del tutto diversa, con protagonista non più un pastore ma un politico, quel “Guglielmo Wellingrode” che il Verdi rinnegò, salvo rielaborare profondamente il lavoro originario alcuni anni dopo creando “Aroldo” (1856).

L’ambientazione chiesastica dello “Stiffelio” ci incuriosisce sulla considerazione di Verdi rispetto alla fede; egli, rispettoso del sentimento religioso come fatto di individuale coscienza, sempre condannò la religiosità intesa come restrittiva tradizione e come espressione di un potere politico, e negli anni di cui ci stiamo occupando tanti patrioti e pensatori si dichiaravano, in difesa della libertà, strenui oppositori del potere papale e clericale.

Dell’argomento così parla la compagna Giuseppina Strepponi: ”.. è una perla d'onest'uomo, capisce e sente ogni delicato, ed elevato sentimento, con tutto ciò questo brigante si permette d'essere, non dirò ateo, ma certo poco credente, e ciò con una ostinazione ed un calma da bastonarlo. Io ho un bel parlargli delle meraviglie del cielo, della terra, del mare, ecc. ecc. Mi ride in faccia e mi gela in mezzo del mio entusiasmo tutto divino col dirmi: siete matti! e sfortunatamente lo dice in buona fede”.

In rispetto della pièce originale la storia di Stiffelio era stata concepita da Verdi con ambientazione contemporanea, allora piuttosto inusuale sul palcoscenico; allora la cosa fece scalpore mentre per noi semplicemente prefigura quanto di lì a poco avverrà con Violetta Valery (la cui storia è tratta dalle cronache sulla giovane cortigiana Marie Duplessis, morta nel 1847 e narrata l’anno dopo come Dama delle camelie).

Verdi stava decisamente avviandosi a definire alcuni dei punti più alti della creazione operistica e della propria maturazione artistica; ad alcuni lo “Stiffelio” pare un episodio slegato da questi culmini verdiani, mentre ad altri appare come un tassello ineludibile, per quanto non proprio fortunato.

Verdi stesso, in vista di “Aroldo”, aveva ritirato l’opera dalle scene, e solo in seguito al ritrovamento della partitura e del “Guglielmo” sono state allestite – dal 1968 - interpretazioni integrali di quest’opera che nei repertori non è accomunata ai più celebri capolavori verdiani.

Le tematiche di primario interesse Verdi le aveva individuate già dall’inizio della sua carriera nei contrasti drammatici legati ai rapporti tra i personaggi e i loro ruoli familiari ed ufficiali (e non vorremmo tediare il lettore nel ripeterlo); tutti questi temi si articolano anche nello “Stiffelio”, le cui peculiarità musicali consistono soprattutto nella scelta di un protagonista dal timbro tenorile di un insolito stentoreo colore scuro, e nello sviluppo sempre più espressivo dei concertati, altamente drammatici e caratterizzati.

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