[an error occurred while processing this directive]
[an error occurred while processing this directive]

Poliedrie bachiane

in onda lunedì 10 marzo alle ore 15,30

Poliedrie bachianeLa facoltà geometrica di combinare variamente più poligoni creando strutture solide, sia semplici che complesse, è propria dei cosiddetti poliedri, e da questo termine la nostra lingua ha derivato l'aggettivo che caratterizza cose o persone che manifestano multiformi capacità.

Ecco allora che questa capacità creativa applicata ai suoni, il saper costruire una musica genialmente articolata - ora lineare e facilmente fruibile, ora stratificata e complessa fino al paradosso, e quasi indefinibile per la sua varietà - ci riporta quasi automaticamente e per istinto al grande Bach (Johann Sebastian), compagno fedele di molti nostri viaggi musicali.

Le quattro Suites orchestrali, che portano i numeri d'opera consecutivi da 1066 a 1069 furono composte negli anni '20, durante il cosiddetto periodo di Köthen, e sono una vivace testimonianza del modo in cui Bach assimili e rielabori genialmente la tradizione consolidata della Suite secentesca di stampo francese - quella, per intenderci, legata al nome di quel nostro musicista Giambattista Lulli, che totalmente assorbito dalla cultura francese alla corte di Luigi XVI diventò il più celebre Jean-Baptiste Lully.

Ascolteremo la prima Suite, che di tutte appare la più legata al modello originario e quindi è particolarmente fresca e leggera, lontana dalla seriosità di molte composizioni del Nostro; compare qui, nella rapida alternanza delle danze e nella loro reciproca differenziazione, quello che è stato definito un insospettato umorismo musicale, accanto al quale negli episodi fugati si affaccia il gusto tutto bachiano per l'elaborazione contrappuntistica.

Tomaso Albinoni, Benedetto Marcello e soprattutto Antonio Vivaldi sono gli autori cui Bach deve il suo vero e proprio assorbimento della cosiddetta "maniera italiana", che nella prima metà del XVIII secolo si contrapponeva nettamente a quella francese.

Tale contrapposizione si fa in Bach continuo stimolo creativo, tanto che nella seconda parte del "Clavier Übung", raccolta cembalistica pubblicata nel 1735, il Concerto nello stile Italiano, che ascolteremo, è affiancato ad una Suite Francese.

Se, proseguendo con il nostro iniziale e fantasioso paragone, volessimo identificare geometricamente i vari aspetti dell'arte di Bach, la produzione sacra del genio di Eisenach potrebbe essere simboleggiata dalla solidità essenziale del cubo; la composizione di Cantate occupò obbligatoriamente il musicista per oltre 40 anni (essendo la prima di esse datata 1707 e l'ultima 1749); ne ascolteremo la n.68, composta nel 1725 per la seconda domenica di Pentecoste.

Trascrizioni, auto-imprestiti, rielaborazioni e conseguenti cambi di tonalità ricorrono nei concerti di Bach, di cui oggi ascolteremo due brillanti esempi: il Concerto in re maggiore BWV 1054 è la rielaborazione per cembalo che Bach fece del proprio concerto per violino in mi maggiore BWV 1042.

Del Concerto per due violini in re minore BWV 1043, (unico concerto doppio arrivato fino a noi direttamente nella versione originale del 1720 ca.), il compositore scrisse nel 1736 una versione per due cembali (la BWV 1062); sono proprio questi continui echi, rifrazioni e scambi di luce nell'opera di Bach che compongono come un fascinoso e complesso cristallo, simile magari al magico dodecaedro stellato di Keplero.

[an error occurred while processing this directive]