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Progetto Verdi: Otello

in onda venerdì 6 dicembre alle ore 21,00

Progetto Verdi: Otello

Dall’antico prototipo del “Decameron” di Boccaccio la novellistica italiana in raccolte ebbe grandissimo sviluppo, e da questo stimolante repertorio presero modello autori illustri; così alla base dell’Otello di Shakespeare (1602-4), è una novella del “Centoracconti” (1565) del ferrarese Giovan Battista Giraldi Ginzio, che aveva già dato al grande drammaturgo inglese lo spunto per il suo “Misura per misura” (vicenda che, lo ricordiamo, divenne poi musica nel “Liebersverbot” di un giovane Wagner).

La storia del Moro di Venezia è originariamente assai cruenta, e basta leggere la descrizione della fine della povera protagonista femminile per rendersene conto: Desdemona viene uccisa di concerto dai due protagonisti maschili, che significativamente non hanno nome e non sono ancora Otello e Jago ma, più genericamente, il Moro e l’Alfiere; quest’ultimo “forte, et di buon nerbo, colla calza, che in punto haveva, le diede una crudel percossa, nel mezzo della schiena, onde la Donna subito cadde, senza poter trarne appena fuori il fiato … sopragiungendo la terza percossa, rimase uccisa dall’empio Alfiere. Poscia, messala nel letto, et spezzatale la testa fecero egli, et il Moro, cadere come haveano ordinato fra loro il palco della camera”; in sostanza, dopo i colpi inferti con una calza riempita di sabbia per non far rumore i due diabolici figuri fanno cadere su di lei il soffitto della camera come per una disgrazia.

Da genio qual’era Shakespeare nella vicenda originaria colse e sviluppò le tematiche più sottili nella sua acuta analisi della psiche umana, dando all’umanità uno dei capolavori della drammaturgia di ogni tempo, per noi  simbolo universale delle multiformi dinamiche tra amore, invidia e gelosia.

Sappiamo del grande amore che Giuseppe Verdi nutriva per Shakespeare; il musicista, celeberrimo ma ormai anziano, si era dato principalmente alla vita campagnola e disimpegnata di Sant’Agata e per tornare a far nuova musica dopo Aida egli voleva qualcosa di forte che giustificasse al pubblico – per lui da sempre principale destinatario – il suo rimettersi al lavoro; ecco allora che, dopo il Macbeth del 1847, alla fine della sua parabola creativa il musicista guardò ancora allo scrittore inglese.

Per il libretto del suo Otello Verdi si rivolse a quell’interessante artista (scrittore studioso e musicista lui stesso) che con lui aveva già collaborato nella sistemazione del Boccanegra e delle sue “zampe” (vedi sul sito le nostre annotazioni…): Arrigo Boito.

Il progetto ebbe una lunga gestazione, di cui splendida testimonianza è il ricco epistolario verdiano; la coppia lavorò in profondità sul testo shakespeariano secondo le più moderne istanze di ricerca formale e drammatica (“obliterazione della formula, creazione della forma e suprema incarnazione del dramma") e di certo il libretto dell’Otello verdiano è un modello di coerenza e pregnanza.

L’ “Otello” di verdi è una sintesi altissima ed essenziale di caratteri universali in cui si stagliano su tutto il Bene e il Male; tali caratteri non sono semplicemente tratti dalla realtà né wagnerianamente idealizzati nel mito; attraverso la mediazione di Shakespeare Verdi “inventa il vero”, secondo la sua propria riuscitissima definizione.

La molteplicità e sovrapposizione dei piani psicologici – caratteristica del linguaggio shakespeariano – si trasferisce con Verdi in una dimensione sonora ugualmente perfetta: linguaggio formale evoluto e moderno, massima aderenza tra suono e parola, apporto orchestrale di raffinatezza e complessità espressiva inaudita, in una linea evolutiva che corre parallela alle grandi innovazioni wagneriane pur da esse distinguendosi profondamente.

La prima rappresentazione dell’Otello alla Scala di Milano nel 1887 fu un evento memorabile e fu enorme il successo tributato a Verdi dal pubblico, dai cantanti e dai professori dell’orchestra, tra i quali era anche un giovane violoncellista di nome Arturo Toscanini.

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