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Progetto Verdi: Messa da Requiem

in onda venerdì 15 novembre alle ore 21,00

Progetto Verdi: Messa da Requiem

Con il mistero della morte e la sua celebrazione musicale Giuseppe Verdi si già confrontato in occasione della scomparsa di Gioachino Rossini, ma solo in onore di Alessandro Manzoni egli decise di donare alla memoria del grande scrittore – e al mondo intero – una Messa da Requiem completa.

Nel 1868 era scomparso il grande pesarese – nei confronti del quale il Nostro aveva nutrito sentimenti contraddittori, tra rispetto deferente e critica, aspra talvolta – e proprio Verdi aveva caldeggiato la celebrazione del primo anniversario della sua morte con una grande Messa da Requiem composta a più mani; ben 12 musicisti furono convocati ma il lavoro, non si concretizzò in esecuzione, anzi è stato riscoperto in tempi relativamente recenti.

Nel 1873 muore dunque Manzoni, che per l’Italia tutta non era stato solo un grande scrittore, ma era considerato uno dei più validi interpreti del sentire nazionale; a Manzoni Verdi era stato legato da un profondo senso di ammirazione cui corrispondeva una intima reciproca simpatia (nel senso greco di condivisione profonda del sentire e degli ideali), e il musicista decise di dedicare all’artista una Messa da eseguirsi nel primo anniversario della morte; nucleo di questo Requiem sarà proprio il brano conclusivo da Verdi composto anni prima per Rossini.

La Messa funebre si era consolidata attraverso i secoli in una particolare struttura che accostava testi validi per ogni circostanza (in questo caso Kyrie, Sanctus, Agnus Dei, cioè l’Ordinarium Missae nella sua forma “brevis”) ad alcune parti del “Proprium”, (variabili in relazione al momento dell’anno liturgico o della festività specifica) che in questo caso presentano testi tra i più suggestivi dell’intero Corpus liturgico: Requiem aeternam, Dies irae, Domine Jesu Christe, Lux aeterna, Libera me Domine.

In particolare le immagini dell’ira divina e delle fiamme dell’inferno – che da sempre nutrivano suggestioni religiose e fantasia popolare – risultano evidenti sollecitazioni a creare musica di enorme presa emotiva; ferma restando la profonda sincerità dell’ispirazione verdiana, certo è che il musicista (proprio come Mozart e Brahms) non poté restare insensibile a stimoli, spirituali e sensoriali insieme, così intensi.

D’altronde poco prima Verdi era riuscito, con “Aida”, a dare brillantissimi esiti alla sua ricerca di massima sintesi tra suono e voce, dramma e linguaggio, strutture formali ed esigenze musicali.

Ecco allora che egli si dedica ai testi del Requiem – fissi, come abbiamo visto, e naturalmente in lingua latina – con un fervore alimentato da una parte dalla passione umana ed artistica e dall’altra da un sentimento religioso con connotazioni del tutto individuali e particolari.

In occasione della composizione di “La Forza del destino” si era già notata l’influenza che su Verdi aveva avuto proprio l’incontro col Manzoni, con la sua religiosità niente affatto ascetica e ben fondata sull’esistenza umana, su un rapporto col divino che si concretizza in rettitudine di vita e saldezza di speranze; in termini artistico-musicali ciò si era concretizzato nella percezione netta di una presenza superiore che vigile e salvifica aleggia sulla vita e sugli eventi umani.

Che Verdi avesse chiarissima davanti agli occhi la peculiarità stilistica e le esigenze esecutive del brano che stava componendo lo possiamo rilevare tra l’altro da queste vibranti parole scritte all’editore Ricordi: ”… Voi capirete meglio di me che non bisogna cantare questa Messa come si canta un’opera, e quindi i coloriti che possono essere buoni al teatro, non mi accontenteranno affatto affatto. Dicasi così degli accenti ecc. ecc.”.

Il Requiem di Verdi rimane splendente monumento d’arte musicale e spirituale di un artista per il quale il concetto di sacralità andrebbe applicato anche a molti momenti teatrali, figuriamoci per ”… quella diavola di Messa”, come Verdi stesso sanguignamente la chiamò.

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