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La toison d’or, di Johann Christoph Vogel (1756-1788)

in onda venerdì 13 gennaio alle ore 21,00

La toison d’or, di Johann Christoph Vogel (1756-1788)

La toison d’or

Tragédie lyrique in tre atti, musica di Johann Christoph Vogel (1756-1788)

Libretto di Philippe Desriaux.

Prima rappresentazione: Parigi, Académie Royale de Musique, 5 settembre 1786.

Personaggi:

Giasone, baritono

Medea, soprano

Hipsiphile, soprano

La Sibilla, soprano

Calciope, soprano

Arcas, tenore

LA TRAMA

Atto I. Giasone ha lasciato la Grecia alla guida di numerosi guerrieri, con l’intento di conquistare il Vello d’oro. La regina Hipsiphile, sua sposa, lo ha segretamente raggiunto a Colchis. Si avvicina, inquieta, alle mura della città quando dei canti di vittoria la rassicurano, annunciando la vittoria di Giasone sul Minotauro, che terrorizzava l’intera regione. Sente però anche che il coro celebra le imminenti nozze di Giasone con la principessa di Colchis, Medea. La regina resta interdetta, poi rivela a Medea che l’eroe si è già impegnato con lei. Viene così investita dalle parole di disperazione e di indignazione della maga. Si congeda dunque, lasciando Medea libera di sfogare tutto il suo furore e la sua gelosia. Una marcia militare annuncia l’arrivo di Giasone. Seguito dai suoi guerrieri si reca a rendere omaggio alla principessa Medea, la quale lo respinge e lo invita, con ironia, ad andare ad asciugare le lacrime di Hipsiphile. Le spiegazioni confuse dell’eroe non calmano Medea che se ne va proferendo terribili minacce. Hipsiphile ritorna e, dopo un breve chiarimento, perdona l’eroe che ama. I due quindi ripartono per la Grecia.

Atto II. Attraverso una densa foresta si intravede la flotta degli Argonauti, pronti a salpare. Calciope, sorella di Medea, invita quest’ultima a dimenticare Giasone. Ma Medea usa i propri poteri magici per invocare contro di lui la notte, i venti e la tempesta. Viene esaudita e un uragano investe le navi. Giasone e Hipsiphile assistono impotenti al naufragio della flotta. Alla vista di Medea, la regina prorompe in rimproveri, poi però addolcisce i toni e la prega di dimenticare. Lungi dall’essere disposta a un tale sacrificio, Medea pugnala la rivale sotto gli occhi di Giasone e dei Greci terrorizzati.

Atto III. Le seguaci della Sibilla, la quale vive in una caverna scavata nelle vicinanze della foresta dove il Vello d’oro è sospeso, annunciano sinistri presagi. Sono interrotte da Medea, la quale, intenzionata a perfezionare la propria vendetta uccidendo lo stesso Giasone, vuole consultare la Sibilla per assicurarsi la riuscita del proprio progetto. Quest’ultima appare e annuncia tutte le disgrazie e i crimini che perseguiteranno lo sfortunato. Medea non desiste dal proprio disegno, ma il rimorso e l’amore la trattengono: come sente il suono delle armi che annunciano i nuovi combattimenti, ella accorre in soccorso di Giasone. Questi e i suoi seguaci, ormai decimati, sono attaccati dai giganti spuntati dalla terra. I poteri di Medea contrastano i giganti e successivamente ella fa assopire il drago che sorveglia il Vello d’oro, cosicché i Greci se ne impossessano senza sforzo. In premio del suo aiuto, Medea chiede a Giasone di partire immediatamente con lui. Ma questi risponde con disprezzo, abbandonando Colchis senza nemmeno dare l’addio. Al massimo del suo furore Medea monta allora sul proprio carro trainato da dei draghi e si mette all’inseguimento di colui per il quale ella ormai prova solo un odio inestinguibile.

 

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