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Progetto Verdi: Un giorno di regno (Il finto Stanislao)

In onda venerdì 12 luglio alle ore 21,00

Progetto Verdi: Un giorno di regno (Il finto Stanislao)Dovremo attendere il "Falstaff" - e quindi ben 53 anni e la conclusione della parabola compositiva di Giuseppe Verdi - per trovare nel catalogo verdiano un'altra opera comica dopo il 1840, l'anno di Un giorno di regno.
Non era stata una impellente esigenza creativa ad avvicinare Verdi al genere buffo bensì la richiesta degli impresari di rimpiazzare urgentemente il "buco" creatosi nella stagione del Teatro alla Scala; per risparmiare tempo fu adottato un libretto già esistente (tratto da una farsa francese e musicato una ventina di anni prima dal ceco Gyrowetz) con la garanzia della penna di Felice Romani, infaticabile collaboratore di Bellini e Mercadante, Rossini e Donizetti.
Episodio realmente avvenuto, la storia di Stanislao Leszczynski - che nel 1733 aveva attraversato in incognito la Polonia prima di rivelare la sua identità regale - fu elaborata dal Romani in modo non del tutto felice; personaggi che si intrecciano in coppia tra matrimoni combinati e veri amori, ragion di stato e scambio di ruoli sono inseriti in una cornice del tutto convenzionale che lascia ben pochi momenti sia all'azione vera e propria che ad un qualsiasi sviluppo dei vari caratteri.
D'altra parte va detto che la comicità non era propriamente la principale cifra dell'ispirazione verdiana; oltretutto la compagnia di esecutori pare fosse piuttosto scadente, e di fatto la prima rappresentazione dell'opera (un vero fiasco) fu anche l'unica della stagione: "Un giorno di regno" fu sostituita nelle repliche alla Scala dal più sicuro "Oberto".
In quegli anni Verdi aveva perduto due dei suoi figli ed era afflitto da gravissime difficoltà economiche e di salute; oltre a ciò, proprio nel 1840 scompare anche la moglie Margherita; una parte della critica ha attribuito a questi elementi biografici una eccessiva importanza, spiegando così l'insuccesso dell'opera, che come abbiamo visto ha comunque anche altre motivazioni.
Certo è che lo sviluppo dell'opera buffa aveva ormai visto il suo culmine negli anni precedenti, soprattutto con Rossini e con l'"Elisir" di Donizetti (del 1832, su libretto sempre del Romani), e il musicista di Busseto si era adattato ad un genere che sentiva non suo dove echi rossiniani, reminescenze di Bellini e Donizetti sussistono abbondanti in una partitura di generica leggerezza.
La prevalenza dei numeri d'insieme, l'abbondanza di stereotipati recitativi secchi e le analogie tematiche e strutturali con le opere dei suoi contemporanei - così profondamente superate nel successivo cammino compositivo di Verdi - hanno fatto di "Un giorno di regno" l'opera forse meno conosciuta dell'intero corpus verdiano; si esprime così per la prima volta quella sottile vena comica che Verdi, non dedicando più ad essa come abbiamo detto alcun titolo completo, disseminò con sapiente parsimonia all'interno delle sue pregnanti narrazioni, da "La forza dl destino" a "Rigoletto" e "Un ballo in maschera".
Il recupero, trionfante e completo, del genere buffo, di una comicità "alta" cui garante è il segno shakespeariano, avverrà per Verdi alla fine della vita: sarà "Falstaff" a coronare un percorso che ha posto nelle sue mani di artista ogni carattere ed ogni aspetto dell'umano essere; Verdi ha voluto forse porre così l'anziano e sorridente Sir John quasi a riscatto della sua completezza poetica e creativa, e non solo di un giovanile insuccesso.

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