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Progetto Verdi: Rigoletto

in onda venerdì 13 settembre alle ore 21,00

Progetto Verdi: Rigoletto

Da Victor Hugo era nato l’”Ernani”, nel 1844 divenuto nelle mani di Giuseppe Verdi fortunata opera in musica; alcuni anni dopo a Francesco Maria Piave (librettista dello stesso Ernani) Verdi scrive: "Avrei un altro soggetto che se la polizia volesse permettere sarebbe una delle più grandi creazioni del teatro moderno... una creazione degna di Shakespeare”.

Perché mai la polizia (leggi: la censura austriaca) avrebbe dovuto avversare il nuovo titolo? Semplicemente perché il soggetto in questione era “Le Roi s’amuse”, scandalosissima opera di Hugo data alle scene nel 1832 per un solo giorno ed immediatamente ritirata dalla censura.

Nel dramma lo scrittore francese mostrava tutta la tirannia e crudeltà di un re vista dalla prospettiva del protagonista, un anziano e deforme buffone di corte; materiale scottante quindi sia politicamente (era inaccettabile applicare ai sovrani la qualifica di oppressore) che dal punto di vista del costume: non si poteva accogliere come soggetto principale un vecchio gobbo, per giunta alquanto vendicativo, e non importava a nessuno – alla censura tantomeno – se il vecchio di cui sopra riusciva alla fine ad emanciparsi dalla sua crudeltà (intesa come bruttezza interiore) proprio lottando con tutto se stesso contro il dispotico re, in difesa della figlia, fino a conseguenze estreme.

Manco a dirlo Verdi proprio di questo s’innamorò: il tema del potere e dell’abuso, il valore assoluto degli affetti familiari … troppe le corrispondenze con argomenti da sempre presenti nel suo sentire; a suo rischio, dopo essersi invano rivolto al Cammarano, insieme al fidato Piave il compositore iniziò una battaglia che porterà alla creazione di uno dei suoi capolavori.

Dopo un impegnativo braccio di ferro col potere censorio che richiedeva modifiche per proseguire il lavoro, della storia furono mutati il luogo (da Parigi a Mantova), la qualifica del tiranno (da re a duca) e il titolo dell’opera, che da “La maledizione”, divenne prima “Il duca di Vendome” e infine ”Rigoletto”.

La vera e profonda novità del testo letterario però viene accolta e mantenuta  interamente da Verdi: ciò che è veramente sorprendente è che cade del tutto la tradizionale netta demarcazione tra personaggi positivi e negativi (va detto che già col suo Quasimodo in “Notre Dame de Paris” Hugo aveva sfatato violentemente il mito della corrispondenza assoluta tra bellezza e bontà).

Sulla scia dello scrittore, a partire dal contraddittorio Rigoletto Verdi analizza talmente i protagonisti scavando a fondo nell’intimità dei loro cuori, che nello spettatore lo spaesamento è immediato, perché gli si rivelano continuamente sia i loro vizi che le loro virtù, disvelando meschinità e piccolezze anche laddove ci si aspetterebbe assoluto candore (vedi Gilda).

E troveremo del buono anche laddove sulla carta si dipinge il prototipo del male, sia maschile (Sparafucile, disinvolto sicario) che femminile (Maddalena, avida donna di facili costumi); amore passionale e familiare si insinuano anche laddove ci aspetteremmo solo cattiveria, e ciò muta il corso degli eventi fino all’inverosimile.

Per citare uno solo dei grandi momenti contenuti nell’opera, il celebre quartetto del III atto sia dal punto di vista drammaturgico che musicale con i suoi piani multipli ed ingegnose sovrapposizioni sonore potrebbe ben competere qualsiasi più moderna e “tecnologica” sceneggiatura.

Tutta la profonda genialità di Verdi si trasfonde nell’opera, che già dalla prima veneziana del 1850 ricevette una quasi miracolosa ed universale approvazione nonché immediata diffusione, e rimane uno tra i titoli più noti ed amati nei repertori lirici e non solo: per verificarlo basterà accennare, in strada o dovunque, l’incipit di “La donna è mobile”: qualcuno di certo vi risponderà canticchiando.

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