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Progetto Wagner: Die Feen (Le Fate)

in onda martedì 10 dicembre alle ore 20,50

Progetto Wagner: Die Feen (Le Fate)

Per Richard Wagner proibire la rappresentazione a Bayreuth di una propria opera - con tanto di indicazioni testamentarie fedelmente seguite dagli eredi - equivaleva certamente ad una sorta di ripudio assoluto e profondo: tale miseranda fine è toccata ad alcune sue opere (Le Nozze, Le Fate, Il Divieto d’amare, Rienzi), escluse per sempre dal mistico luogo-simbolo dell’arte wagneriana.

“Die Feen” è la prima opera completa del musicista che la compose a soli 20 anni lavorandovi tra il 1833 e il ’34; la prima rappresentazione dell’opera si ebbe postuma solo nel 1888, ed essendo proprio la data di rappresentazione il criterio che ha guidato l’ordine dei nostri ascolti in questa proposta integrale, “Le Fate” compare qui come ultima opera wagneriana.

Ispirandosi alla fiaba “la Donna serpente” di Carlo Gozzi Wagner trapianta la storia dall’Oriente in area nordica, accogliendone naturalmente tutti gli spunti fantastici ma soprattutto il tema – già tanto caro al giovanissimo compositore – del dissidio tra divino ed umano, del travaglio nella perdita e riconquista della propria identità che il nome proprio simboleggia.

La fata Ada (Cherestanì in Gozzi) ama un mortale, il re Arindal (già Farruscad), e rischia di perdere l’immortalità perché egli non resiste al divieto supremo di conoscere il suo nome; nel corso di tremende prove tra cui una devastante guerra ella è tramutata in pietra e lui dovrà combattere armato solo di uno scudo, una spada e una lira; la reciproca fedeltà dei due sposi e la forza del loro amore li porterà a superare ogni avversità e nel conquistato lieto fine si avrà un catartico rovesciamento dei ruoli: il re sarà accolto nel regno ultraterreno ed immortale delle fate.

Fin qui la vicenda, che a noi posteri fornisce più di un preciso riferimento a quelli che diverranno veri e propri topoi della più originale ispirazione creativa del Nostro; appaiono qui per la prima volta temi luoghi e simboli (mondi sovrumani, la magia, oggetti dal valore tautologico …) che avranno uno spazio preponderante nella fantasia di Wagner, tanto che egli in nessuna delle sue opere a seguire (fatta una parziale eccezione per i “Maestri Cantori”) vorrà più fare a meno.

Wagner librettista non è mai propriamente un genio, ma tanto intimamente i suoi testi si sostanziano nella musica che un’analisi letteraria pura, slegata cioè da suono e dramma, non suscita in noi alcun interesse e non può aggiungere alcunché alla comprensione dell’artista.

Venendo quindi alla musica non possiamo esimerci dal constatare invece la parentela strettissima di queste “Fate” con tutto il grande repertorio dell’opera tedesca; il linguaggio vocale e sinfonico di Wagner – ancora lontano dagli sviluppi formali e “spirituali” del leit-motiv - appare ricco e vario e si collega direttamente non solo con il genere romantico che si era affermato con Beethoven Weber e Marschner, ma - in un ipotetico ma completo campionario del teatro musicale in lingua tedesca - anche con Mendelssohn Mozart e Gluck.

Verso quest’ultimo Wagner nel ‘47 dimostrerà un deferente interesse, riorchestrando e modificando l’ “Iphigénie en Aulide”; qui in “Die Feen” il re Arindal, con inoppugnabile citazione del capolavoro gluckiano, è quasi novello Orfeo, tramite spirituale con quel mondo mitico nel quale ogni arte ritrova le sue origini.

Ancora non vediamo nel musicista l’osservatore visionario di quanto di musicale, spirituale e sovrumano vi è nel mondo “oltre” il reale e la storia: il Wagner profeta è di là da venire, il suo tempio ancora non costruito, ma la sua arte già appare scomoda, al pubblico e a se stesso: “Die Feen” non trova un teatro che la accolga e Wagner – non volendo accettare la sua parentela con una storia musicale di cui egli non sia unico vate - decide di abbandonare questa sua “figlia” rinnegata che vedrà la luce solo dopo la sua morte, complice a Monaco un giovane maestro sostituto di nome Richard Strauss.

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