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Progetto Verdi: Luisa Miller

in onda martedì 3 settembre alle ore 21,00

Progetto Verdi: Luisa Miller

Dopo l’infuocata “Battaglia di Legnano” sarebbe stato logico, nel pieno clima politico risorgimentale, che Giuseppe Verdi proseguisse sulla linea patriottica con un’altra opera di argomento eroico; così avrebbe in effetti dovuto essere con “L'assedio di Firenze” su libretto tratto dall’omonimo popolare romanzo storico di Domenico Guerrazzi, romanziere e patriota.

La scelta di Verdi però fu diversa ed egli, dovendo onorare un vecchio contratto con Napoli, probabilmente per non esporsi troppo al controllo della censura preferì l’argomento propostogli dal librettista della ”Battaglia”, quel Salvatore Cammarano che, figlio e nipote d’arte (suo nonno Giancola era stato uno storico Pulcinella) aveva tanto lavorato con Donizetti e con Verdi era qui, dopo Legnano e Alzira, alla sua terza collaborazione.

Dopo “Giovanna d’Arco” e “I Masnadieri” e prima del “Don Carlos” Verdi si volge ancora al grande Schiller, che per il musicista sarà sempre un punto di riferimento poetico drammaturgico e letterario, tanto che accanto a Shakespeare un lavoro dell’autore tedesco non mancò mai sul suo comodino nella villa di Sant’Agata, come si può vedere ancora oggi.

“Kabale und Liebe” (Amore e raggiro) venne letta da Verdi prevalentemente come storia di affetti, drammi familiari ed interiori; lo scaltro Cammarano operò robuste modifiche all’originale, riducendo di molto i conflitti di potere ed intervenendo in più luoghi con una sapiente autocensura: ad esempio il protagonista Rodolfo nell’originale era Ferdinando, ed il pericoloso riferimento al re napoletano fu immediatamente eliminato.

Con la sua ambientazione niente affatto eroica ”Luisa Miller” è la prima delle opere "borghesi" di Verdi, ed anche l’unica che prende il titolo dalla protagonista con un semplice nome e cognome, affiancando nel catalogo verdiano ai vari eroi della tradizione letteraria o storia un personaggio di fantasia.

Parzialmente figlia dello Sturm und Drang (e non a caso particolarmente apprezzata in Germania) è la storia della sventurata Luisa, nel suo appassionato sacrifico d’amore passionale e familiare, quasi Violetta ante litteram; l’opera venne conclusa a Busseto da Verdi, tornato dopo in terra italiana il soggiorno parigino, e nel dicembre del ’49 fu accolta con successo dal pubblico del San Carlo.

L’attacco dell’opera è un impetuoso ingresso drammatico, intenso e mutevole, che annuncia “dal di dentro” gli eventi tragici; oltre a ricordare Bellini e addirittura i grandi balletti (“Giselle” in primis), oseremmo ardir di vedere nell’elaborazione musicale sensibili echi beethoveniani: serrate imitazioni tra gruppi strumentali, giustapposizioni solistiche ed una veemenza orchestrale e ritmica tutta interiore e profonda, quanto mai lontana dall’essenza guerresca ed ardimentosa della maniera eroica verdiana.

A proposito di “maniera” va puntualizzato che per quanto “Luisa Miller” sia opera di svolta, per più versi legata alla “Trilogia popolare” degli anni a seguire, nello sviluppo creativo del genio verdiano non è corretto parlare di periodi nettamente distinti; si tratta semmai di una evoluzione che Verdi annuncia opera per opera, con momenti particolarmente alti e felici (come Nabucco o Macbeth) ma sempre intimamente coerente con le sue progressive scoperte drammatiche, formali, musicali.

Nella “Luisa” oltre all’amore è protagonista il contrasto genitori/figli, tema tanto caro a Verdi, qui addirittura sdoppiato (Luisa/padre Miller – Rodolfo/il Conte) nella sua doppia valenza, intimo e positivo nel primo caso, sviato dall’amore per ricchezza e potere e dai condizionamenti sociali nel secondo.

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