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Roberta Torre e "I baci mai dati"

Note di regia e di produzione

NOTE DI REGIA

Uno straordinario viaggio di formazione, quello della tredicenne Manuela che passa dall’adolescenza all’essere una piccola donna e non più una donna piccola. Il suo percorso, fatto in motorino zigzagando tra i vialoni della popolosa periferia di Librino, la conduce verso l’incredibile: avrà per maestra niente di meno che la Madonna, che dopo averla guardata per caso in una festa di paese decide di prenderla sotto la sua protezione. E lei che vorrebbe solo ritagliare donne di carta per i suoi collage e andare al mare con il fidanzato si ritrova così in men che non si dica quasi santa. Tutto in questa storia è frullato attraverso il suo sguardo, le donne megere che vivono nel rosso negozio di parrucchiera in fondo alla piazza, la madre maitresse che mette su in fretta una compravendita di miracoli, le orde di povera e ricca gente che si riversa nel suo studiolo da santa allestito nella palestra del padre per chiederle di tutto: un posto di lavoro, un sogno mai realizzato, un cambio di personalità e chissà di vita. Manuela osserva, sgrana gli occhi, li sbatte incredula mentre tutti le sfilano davanti come marionette impazzite… La cosa che lei vuole davvero è solo andare al mare. In quest’estate calda piena di domande lei non trova altra risposta. Mette il casco con le orecchie da orsetto e fila via. Ancora una volta i vialoni di Librino, palme e strade di cemento come in un videogame futurista. E poi una spiaggia per sognare sogni dove vivono donne con capelli di zucchero filato che finalmente si lasciano pettinare, madri accoglienti e rotonde che sorridono sempre. Sua madre non è così e lei lo sa bene. La conosce fin troppo quella inquietante donna bionda finta da cui si può solo scappare. Ancora una volta le strade di quella città fantasma, ora percorse a piedi, di corsa, in fuga, lo zainetto pieno di niente. Via da tutto questo, via da quella storia e da tutta quella follia. Arriva l’autobus alla fermata e arriva anche sua madre Rita, ma ha uno sguardo buono forse questa volta ha paura. Paura di perderla. E così la bacia. Per la prima volta dopo tredici anni. Baci mai dati e Manuela capisce ora che sapore hanno. Un buon sapore si direbbe. Ne vuole ancora. Quel che avviene dopo è solo un miracolo, semplice come solo i miracoli possono essere.


NOTE DI PRODUZIONE

Diventa sempre più complicato immaginare di fare un film oggi in Italia. Io sono partita dalla mia esperienza di regista e negli anni ho compreso che quello tra regista e produttore è un matrimonio delicatissimo. E di matrimonio parlo proprio perché fare un film oggi più che mai è un atto d’amore e di passione, oltre che un’impresa commerciale a tutti gli effetti. Come ogni matrimonio se si sbaglia partner si è destinati al fallimento e credo che la storia di molti film non riusciti dipenda oggi esattamente da questa ragione. Ecco perché ho deciso, dopo diverse esperienze e diversi film realizzati, di cominciare anche a produrre oltre che a dirigere i miei film. L’ho fatto con entusiasmo, attratta da una nuova possibilità e con l’intenzione di crescere professionalmente in una direzione che mi potrà dare nel tempo la possibilità di produrre anche altri autori che immagino abbiano il desiderio di trovare il giusto produttore sul loro cammino. La storia produttiva de “I baci mai dati” deve anche la sua riuscita all’incontro determinante con il produttore Amedeo Bacigalupo, Nuvola Film, che ha creduto nel film e ha condiviso costantemente tutte le fasi del progetto con un’attenzione importante e preziosa. Adriana Chiesa Enterprises per la prima volta ha deciso con la passione e la professionalità che da sempre la contraddistinguono di entrare a far parte della produzione di un film e la sua partecipazione è stata fondamentale. La Regione Sicilia ha dato la possibilità di mettere in moto inizialmente tutta la macchina produttiva e il Ministero dei Beni Culturali ha supportato adeguatamente l’operazione. Detto questo e felice di poter constatare oggi la qualità, la passione e la professionalità di chi ho avuto accanto, devo ricordare anche chi invece non c’è stato. I no sono giunti proprio da chi ha la precisa mission di farsi garante dello sviluppo del cinema in Italia e sono stati spesso i modi e le modalità di questi interlocutori a destare perplessità, a farmi constatare che la professionalità e le competenze di chi opera in questo settore non sono spesso all’altezza dell’importanza del ruolo ricoperto. Manca soprattutto il desiderio di ricerca e di sviluppo e la capacità di esplorare territori nuovi, il che mi ha confermato più che mai nell’idea che ci sia la necessità di figure innovative, giovani soprattutto nello sguardo e nella preparazione tecnica nel settore della produzione e finanziamento per immaginare il cinema del nostro paese come un’industria che punti al futuro.

Abbiamo girato per sei settimane a Librino, il quartiere satellite alla periferia sud ovest di Catania costruito negli anni 60 come città satellite modello, una sorta di New Town che ha poi disatteso le aspettative progettuali, su progetto dell’architetto giapponese Kenzo Tange. Questo è un luogo come molte periferie del sud, ricco di 7 potenzialità umane ed estetiche, un mondo a sé che pullula di energie vitali. È stato il primo film interamente girato in quel quartiere. Inizialmente l’accoglienza è stata complicata, poi la convivenza si è costruita giorno per giorno e alla fine anche la troupe del film è stata accettata, così come l’idea che non si stesse facendo, incredibilmente, un film di mafia. Tutti ci chiedevano infatti come mai non ci fossero morti ammazzati, killer e inseguimenti, tanto abituati a questo immaginario da non poter credere che nel loro quartiere qualcuno venisse per raccontare altro. Un episodio curioso avvenuto dopo qualche mese dalla fine delle riprese ci ha fatto capire come si fa in fretta a cambiare l’immaginario di un intero quartiere. Da alcuni alberi del viale Bummacaro, l’enorme vialone che si snoda all’interno del quartiere, ha iniziato a sgorgare acqua limpida. Subito sono accorsi i Librinesi con recipienti per raccogliere il liquido e hanno decretato che si trattava di una sostanza dai poteri miracolosi e curativi, chi lo utilizzava per sanare piccole ferite e sbucciature, chi per far regredire la febbre. Le televisioni locali hanno registrato l’accaduto e per qualche giorno non si è parlato d’altro. Insomma il collegamento tra il film e l’evento è stato immediato e quello registrato come il primo miracolo avvenuto nel quartiere dopo le riprese del film che parlava appunto di miracoli a Librino.

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