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Philipp Meyer: Ruggine americana

Recensione - Le novità editoriali

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Da Jack London a Kerouac, passando per un’infinità di nomi più o meno importanti, la strada rimane la soluzione migliore per gli scrittori americani. Intendo per soluzione non tanto un espediente narrativo, quanto un modo di vivere. Come tanta altra arte americana, dal cinema alla pittura fino alla musica, ha nel frattempo testimoniato.
Una prova ulteriore è stata data dall’ultimo disco di Brad Mehldau – talentuoso pianista, indicato dalla stampa di settore come il più importante musicista jazz in circolazione – che ha recentemente pubblicato un disco, tra l’altro molto bello, intitolato “Highway Rider”, con un drive-in abbandonato in copertina.
Così i protagonisti di “Ruggine americana”; i quali, chi per un motivo e chi per un altro, si ritrovano uniti, al termine di differenti vicissitudini personali, decidendo di andare insieme verso ovest. Lasciandosi alle spalle la vita precedente e uno stato, la Pennsylvania, messo in ginocchio dalla crisi mondiale e dalle conseguenti produzioni dislocate in Asia e in America Latina. Negli Stati Uniti la critica ha salutato il romanzo d’esordo di Philipp Meyer come uno dei miglori in assoluto, rispetto la precedente produzione letteraria. Noi, nel nostro piccolo, ci accodiamo al giudizio lusinghiero. Il libro è pubblicato da Einaudi.

A cura di Vittorio Castelnuovo
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