All'inflessibile professor Monti

Inflessibile professor Monti, al giornalista del Financial Times che stamattina le chiedeva se le piacerebbe rimanere ancora a palazzo Chigi, lei ha risposto con la prolissità che le è congeniale: “No.” Poi però il Machiavelli che sonnecchia sotto il suo loden ha subito precisato: “Non ho detto che non ci rimarrò, ho soltanto detto che non mi piacerebbe rimanere.”
Siamo, me ne darà atto, alla spremuta della migliore democristianeria, quando il politico al potere vagheggiava di tornare al paesello natio, ma accettava controvoglia di restare sulla poltrona per spirito di servizio. E proprio come i migliori Dc, anche lei alla scadenza del primo anno di governo pubblica un libro di memorie dal titolo spumeggiante: “Le parole e i fatti.” D’altronde quello giusto gliel’avevano già rubato: “Cinquanta sfumature di grigio.”
Avevamo bisogno di un po’ di grigio dopo averne viste di tutti i colori.
Ma non tutte le sfumature mi sono piaciute.
Mi è piaciuta la sua serietà, non le dichiarazioni saccenti di alcuni ministri.
Mi è piaciuto, nonostante tutto, che mi abbia fatto pagare le tasse, ma non che le abbia utilizzate per saldare i conti della finanza (dicono che lei sia talmente amico delle banche che, quando ci passa davanti, anche i bancomat la salutino), invece che per dare prestiti ai giovani intraprendenti e occasioni di reddito al ceto medio impoverito.
Mi è piaciuto il suo pragmatismo, non la sua mancanza di sogni.
Mi è piaciuto il suo orgoglio italiano ed europeo, non che abbia di nuovo tolto l’Imu alla Chiesa per ingraziarsi uno Stato estero. Forse spera che anche lì prima o poi abbiano bisogno di un Papa tecnico?
Di una cosa però la voglio ringraziare. Ogni volta che sento i vari La Russa, Calderoli o Gasparri, mi ritrovo a pensare: “Chissà se ha ragione Obama quando dice che “il meglio deve ancora venire”. Ma il peggio, di sicuro, è passato.”
Buonasera.