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Sergiu Celibidache a Torino

in onda venerdì 1 ottobre alle ore 13,00

Sergiu Celibidache a TorinoStudi filosofico-matematici e una tesi sul fiammingo Josquin Desprez: questi i presupposti da cui prese le mosse uno dei più grandi direttori del nostro tempo, Sergiu Celibidache; nato nel 1912, studiò prima a Bucarest e poi a Berlino; nel '45 gli vengono affidati i Berliner Philharmoniker che diresse prima affiancando il grande Furtwaengler, poi sostituendolo fino al '52; nel 1954 lascerà Berlino, dove aveva diretto anche l'Orchestra RIAS, e da allora girerà tutto il mondo senza legarsi stabilmente ad alcuna orchestra; tra le sue mete artistiche Londra, Stoccarda (dove dal '59 fu regolarmente invitato a dirigere l'Orchestra della Radio), l'Austria, il Sud America e l'Italia, dove diresse le Orchestre della Scala, a S. Cecilia e quelle della RAI di Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna e Firenze e dove tenne preziosissime masterclasses.

Significativa la sua attività a Stoccolma, dove Celibidache diresse l'Orchestra Sinfonica della Radio fino al '71; nelle memorabili stagioni 1973-'75 il musicista rumeno fu principale direttore ospite dell'Orchestre National de France; più duratura collaborazione quella con l'Orchestra Filarmonica di Monaco di Baviera che Celibidache diresse la prima volta nel 1976 e l'ultima, pochi mesi prima della morte, nel 1996.

La grandezza di Celibidache va compresa e vista nelle scelte dei suoi rapporti: esclusivo ed assoluto quello con la musica, intransigente ed ugualmente assoluto quello con il resto del mondo, colleghi e orchestre, spesso a costo di un vero suicidio artistico; lontano per scelta dal mondo discografico, del musicista rimane fortunatamente abbondante materiale filmato di prove e concerti, testimonianza del genio di un artista unico.

Troppo interessanti le parole dello stesso Celibidache per non approfittarne, traendo alcuni interessantissimi flash da un'intervista di Angelo Foletto del 1984: "Se il suono è qualcosa, il direttore è un cretino. Il suono è uno strumento, un veicolo che ci serve per attirare la musica: è anche uno specchio del proprio mondo emotivo, ma non è questo che deve interessare. Non è di natura intellettuale come non lo è la sostanza del suono cercata. La musica non è suono anche se il suono può diventare musica, a patto che venga considerato come un'esca per la musica stessa... La musica non è fatta di impressioni musicali che si succedono ma la sua espansione consegue al valore armonico inteso in senso architettonico spaziale, palpitante all'analisi fenomenologia... Una dimensione indefinibile ma operante.".

Ancora, sull'interpretazione: "Non credo che l'interpretazione esista, esiste semmai la chiaroveggenza, l'unico modo che consenta di rilevare l'opposizione sentimentale data dalle note, variabile come momento, situazione e via dicendo. Spesso il musicista di oggi è diventato imitatore, cerca la ricostruzione della semplice morfologia della musica: la topografia di una partitura. Quella nessuno può cambiarla, non si modifica, esce da sola. È un errore occuparsene. L'impegno del musicista dev'essere di segno contrario: liberarsi da quella struttura primordiale ch'è la morfologia, trascendere il mondo fisico del pezzo; ricostruire la dimensione astrale partendo dal materiale primitivo. Non si può chiamare semplicemente interpretazione tutto ciò, è un processo di sublimazione dal mondo".

Infine, sull'insegnamento: "Insegnare è un mio dovere, non potrei fare diversamente. Ma insegnare non significa soltanto comunicare ai giovani la capacità di affinare le qualità analitiche applicate alla musica: vuol dire far capire la necessità di stare insieme, l'utilità della discussione e della teoria applicata alla direzione d'orchestra, instillare il rispetto e la devozione per il far musica."; parole dense e forti, come dense sono le interpretazioni sinfoniche (Schubert e Sibelius incise nel 1970 e Ciaikovsky del '60) di Celibidache sul podio dell'Orchestra della RAI di Torino.

Sergiu Celibidache Foundation

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