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Progetto Verdi: Simon Boccanegra (II versione)

in onda martedì 26 novembre alle ore 21,00

Progetto Verdi: Simon Boccanegra (II versione)

A Venezia il Simon Boccanegra era stato un fiasco, bruciante per Giuseppe Verdi almeno quanto quello di quattro anni prima con “Traviata”; tra le grandi città neppure Firenze e Milano mostrarono di apprezzare il lavoro e alcune critiche furono anzi decisamente feroci, come questa apparsa in una rivista fiorentina: ”Il Simone del Verdi è Opera da trafficante, e per di più simoniaco. Non è forse un adulterare per danaro le cose sacre, il vendere la divina arte della Musica come adopera in oggi il maestro di Busseto? Egli non è più a questo modo un gran maestro; è un mercante di capperi all’ingrosso.”; è questo solo un esempio degli strali che colpirono l’opera e il suo celebre, assai remunerato ed invidiato autore.

Il linguaggio di Verdi si era mostrato in quell’opera ricco ed elaborato, ma non piccola parte della responsabilità nell’infausto esito la ebbe il libretto del sanguigno Garcia Gutierrez, che già con “Il Trovatore” aveva fornito a Verdi materiale ricco di suggestioni ma alquanto carente nell’organizzazione drammaturgica; tra antiverdiani e detrattori ci fu anche chi insinuò – non del tutto a torto invero – che nel “Boccanegra” il musicista avesse messo del proprio copiosamente anche nel testo di Francesco Maria Piave, e quindi era tanto più colpevole della mala riuscita dell’opera.

Sta di fatto che Verdi aveva proseguito un cammino creativo le cui tappe (nell’ordine: “Aroldo”, “Un ballo in maschera”, “La forza del destino” I e II versione, il secondo “Macbeth”, il I “Don Carlos” ed “Aida”) segnano un crescendo nella maturità e profondità del genio verdiano.

Giulio Ricordi (nipote di Giovanni già capostipite dei fedelissimi editori) non si rassegnava alla condanna subita un’opera che conteneva tanti elementi del Verdi migliore; nel 1879 gli spedì lo spartito del “Simon Boccanegra” chiedendone una revisione, da lui recisamente rifiutata; l’anno seguente però, quando la richiesta venne dalla Scala stessa, l’editore tornò alla carica: morto nel ’76 il fedele Piave, Ricordi consigliò a Verdi l’autore dell’Inno delle Nazioni da lui musicato nel 1862 e cioè Arrigo Boito, da Verdi già apprezzato per la sua versione dell’”Otello” di Shakespeare.

Sul “Boccanegra” interessante lo scambio tra i due, di cui riportiamo qualche riga: “Un tavolo che tentenna non si sa da che gamba … Il prologo è la gamba diritta del tavolo, la sola che poggi solidamente, le altre tre, ella lo sa meglio di me, zoppicano tutte.” Così Boito, a cui Verdi così risponde: “Il tavolo è zoppo ma, aggiustando qualche gamba, credo, potrà reggersi… Tentiamo, ripeto. Noi non siamo poi tanto inesperti, da non capire, anche prima, cosa sarà per succedere sul Teatro. – Se a Lei non pesa, e se ha tempo si metta tranquillamente al lavoro. Io intanto guarderò di raddrizzare quà e là le molte gambe storte delle mie note, e... vedremo”.

Verdi apportò le sue meditate modifiche scomodando questa volta niente meno che Francesco Petrarca; lo scrittore, simbolo di un eloquente patriottismo ante litteram (basti leggere in merito la canzone “Italia mia” dal “Canzoniere”), in nome della pace aveva scritto ai dogi di Genova e Venezia due accese lettere che Verdi include nell’azione, nella nuova “Scena del Senato”.

In linea di massima la musica dell’opera si mantenne fedele alla versione del ’57, mentre sostanziali furono le trasformazioni nella parte orchestrale, tese ora all’unificazione drammatica allentando il rigore degli ormai inadeguati pezzi chiusi: colpisce infatti in molti punti la nuova strumentazione, varia ed impegnativa per l’orchestra nel potenziamento degli effetti drammatici, dall’estrema rarefazione degli strumenti solistici al plenum più impetuoso.

Milano ben accolse questo “nuovo“ Simone nel 1881; segno che erano state “...bene aggiustate le gambe rotte di questo vecchio Boccanegra”.

 

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