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Quartetto di Venezia

Il Quartetto di Venezia si è formato sotto la guida di Piero Farulli alla Scuola di Musica di Fiesole e alla scuola del Quartetto Vegh, in particolare con l'insegnamento ricevuto da Sándor Vegh e Paul Szábo. Si è esibito in alcuni dei più importanti festival italiani e internazionali, oltre che presso istituzioni di particolare prestigio come le Nazioni Unite a New York, l'Unesco a Parigi, la Presidenza della Repubblica in Italia e la Città del Vaticano, dove il Quartetto di Venezia ha suonato alla presenza di papa Giovanni Paolo II. Di recente è stato invitato dal Cidim ad affrontare una lunga tournée in Sudamerica (Argentina, Brasile, Uruguay) dopo avere già toccato l'Austria, la Spagna, la Danimarca e il Belgio.

Il repertorio del Quartetto di Venezia comprende, oltre ai classici, anche opere di rara esecuzione come i Quartetti di Gian Francesco Malipiero, l'incisione discografica dei quali ha ottenuto il Premio della Critica Italiana. Nell'insieme, la discografia della formazione veneziana conta una ventina di titoli, il più recente dei quali è l'integrale dei Quintetti di Beethoven realizzata in collaborazione con Danilo Rossi. Numerose sono anche le registrazioni radiofoniche e televisive effettuate per la Rai, la Bayerischer Rundfunk, l'emittente del New York Times, l'austriaca Orf, le Radio della Svizzera Tedesca e della Suisse Romande, Radio Clasica Española e Mbc Sudcoreana.

Nel tempo, il Quartetto di Venezia ha collaborato con artisti come Bruno Giuranna, il Quartetto Borodin, Piero Farulli, Paul Szábo, Oscar Ghiglia, Danilo Rossi, Dieter Flury (primo flauto dei Wiener Philarmoniker), Pietro De Maria, Domenico Nordio.

Il primo violino suona un Santo Serafino 1740 di proprietà della Fondazione Pro Canale-Onlus di Milano. In occasione del 25° anniversario, il Quartetto di Venezia ha ricevuto l'alto riconoscimento del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano.

L'op. 76 è la penultima raccolta pubblicata dall'autore riconosciuto come il "padre" del quartetto per archi. Si tratta, dunque, di composizioni nelle quali lo stile di conversazione del quartetto, il ruolo paritetico assegnato a ciascuno degli strumenti, come pure la vocazione sperimentale di questa formazione strumentale sono già pienamente maturati e vengono consegnati al futuro come un'impronta indelebile. Per Haydn, ad ogni modo, il gusto sperimentale coincideva spesso con lo spirito barocco della "sorpresa": lo si coglie alla perfezione nella prima, straniante frase del Quartetto op. 76 n. 2 , il cui insolito andamento "per quinte" ha generato il nome con il quale la composizione è conosciuta.

Anche nel caso del Quartetto K. 458 di Mozart è stata la frase d'apertura, energica e baldanzosa, a guadagnargli il titolo, "La Caccia", Jagdquartett in tedesco: la "musica da caccia" (Jagdmusik) era del resto un genere diffuso e abbastanza codificato nel periodo rococò e tutto il primo movimento del Quartetto tende a conformarvisi. La composizione, fra le più note del Mozart cameristico, fa parte della raccolta di sei Quartetti che Mozart scrisse fra il 1782 e il 1785 dedicandoli proprio a Haydn: nelle parole con le quali egli rende omaggio all'anziano musicista nomina il «lungo e faticoso lavoro» che i Quartetti gli sarebbero costati. Per chi è solito identificare con Mozart la facilità e la spontaneità dell'atto creativo, tale confessione è un elemento in più per comprendere quale impegno richiedesse un genere come il quartetto per archi, portato da Haydn al livello della maggiore complessità di scrittura.
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