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La rivolta delle baite

I ruderi non si toccano. Anzi no: piuttosto si abbattono, si sradicano tetti, si lavora di piccone. Ma di pagare non se ne parla. C’è un pezzo di montagna in rivolta contro lo Stato e l’Agenzia delle Entrate - suo incolpevole, in questo caso, braccio - che sta inviando solleciti a 800 mila contribuenti perché regolarizzino i fabbricati rurali ancora iscritti al Catasto terreni e mai dichiarati al Catasto edilizio. 155 mila sono in Piemonte, dove si sta sollevando una rivolta guidata da alcuni sindaci e dall’Unione comunità montane. Gridano all’ennesimo ratto ai danni della montagna. 

Il sindaco  

Mario Ronco, sindaco di Coazze, comune di circa 3 mila abitanti a 40 km da Torino, è alle prese con un problema non indifferente. Sul suo territorio ci sono 2.884 ruderi. Quasi uno per ciascun residente. Ha scritto una lettera, l’ha inviata alla Regione e all’Anci, l’associazione dei Comuni. Una richiesta d’aiuto: «I proprietari che stanno ricevendo gli avvisi spesso decidono di abbattere la parte di fabbricato ancora esistente. Così si incide irrimediabilmente sul patrimonio culturale, storico e architettonico dei nostri territori. Questi edifici sono testimonianza storica di un modello di vita scomparso ma che rappresenta le radici della nostra cultura. Un patrimonio irrinunciabile da tutelare». Regolarizzare i fabbricati individuati dal Fisco costa da 172 euro, optando per il ravvedimento operoso, fino a 8.264 euro in caso di controlli e sanzioni. Somme che quasi nessuno vuole versare per case spesso pericolanti e in disuso da un’eternità. Senza contare il fatto, spiegano i sindaci, che non sempre è facile dirimere le questioni legate a proprietà, eredità, frazionamenti. Occorre rivolgersi a professionisti. E pagare. Infine, una volta regolarizzata la propria posizione il fabbricato diventa soggetto all’Imu e magari anche a Tasi e tassa rifiuti. Altri soldi. 

C’è da dire che l’Agenzia delle Entrate ha atteso a lungo prima di richiamare gli inadempienti. La legge che obbliga a inserire i fabbricati rurali nel Catasto edilizio risale al 2012. I proprietari avrebbero dovuto provvedere entro fine anno. Le lettere in arrivo sono destinate a chi non l’ha fatto. E, spiegano dall’Agenzia, tra l’altro permettono di dimostrare che il fabbricato è degradato e non produce reddito: compilando un modulo e allegando fotografie si può sperare di evitare la contesa. 

I progetti di recupero  

Per i sindaci è troppo poco. L’Unione comunità montane ha chiesto all’Agenzia delle Entrate e al ministro Padoan di sospendere l’invio degli avvisi, ammettere maggiori deroghe e annullare le sanzioni. Ma c’è di più. Negli ultimi anni i progetti per il recupero dei borghi alpini hanno dimostrato di funzionare. Le famiglie ristrutturano le vecchie case, le borgate si rianimano, gli acquirenti ci sono. «Allora, viste anche le norme contro il consumo di suolo, chiediamo al governo di agevolare e incentivare il recupero, il restauro, la ristrutturazione - spiega Marco Bussone, vice presidente di Uncem Piemonte. - Si coinvolgano le Regioni, si usino i Piani di sviluppo rurale, i contributi a fondo perduto».  

In fondo, se i ruderi possono tornare in vita riacquisteranno valore. E a quel punto i proprietari potranno usarli o metterli in vendita. In ogni caso saranno più propensi ad accettarne la tassazione.  

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