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Progetto Verdi: La forza del destino

in onda martedì 15 ottobre alle ore 21,00

Progetto Verdi: La forza del destino

Il nascente Stato nazionale italiano coinvolse Giuseppe Verdi assai da vicino:

”… io mi fo lecito rivolgermi direttamente alla S.V. … onde animarla a voler accettare il mandato che i suoi concittadini intendono conferirle. So che le chiedo cosa per lei grave e molesta. Se ciò malgrado insisto è perché reputo la sua presenza alla Camera utilissima. Essa contribuirà al decoro del Parlamento dentro e fuori d’Italia, essa darà credito al gran partito nazionale che vuole costruire la nazione sulle solide basi della libertà e dell’ordine …”; queste le parole usate da Cavour per convincere il musicista a partecipare al Parlamento d’Italia in formazione.

Verdi, quantunque per indole restio e per niente propenso a conferenze e lunghe discussioni, accettò: il compositore, da se stesso definito ”povero artista, che non ha altro merito se non quello di amare e d’aver sempre amato il proprio paese.”, con ben 339 voti nel gennaio del 1861 divenne deputato.

Il musicista era rimasto lontano dalla composizione per circa due anni; la pausa creativa si interruppe per le insistenti richieste del Teatro Imperiale di San Pietroburgo, dove l’opera coesisteva nelle varianti italiana e francese e cominciava solo allora a muovere i suoi primi passi autonomi (nasceva proprio in quegli anni il “Gruppo dei Cinque”).

Verdi rispose alle aspettative russe con un lavoro singolarmente nuovo, in cui più d’un critico ha visto grandi influenze sul cammino dell’opera nazionale locale; non senza difficoltà, modifiche e ripensamenti Verdi da un testo di successo del duca di Rivas elaborò con Francesco Maria Piave ”La forza del destino”, che è una sorta di “unicum” sia nella propria produzione sia rispetto alla tradizione operistica; oltre ai temi principali (amore, morte, amicizia, fedeltà, vendetta), Verdi trae dal testo originale quella fitta commistione di generi che costituisce sia l’originalità del suo lavoro che, a detta di alcuni, il suo principale difetto.

Il tono trapassa con disinvoltura dal drammatico al leggero, dal lirico al comico, dal sentimento alla caricatura; nella varietà degli accenti e nella contrapposizione dei registri ecco una inaspettata corda comica del nostro autore, che prelude alla genialità di Falstaff, e taluni coloriti momenti dell’opera appaiono addirittura lontane anticipazioni del linguaggio di Puccini e Mascagni. Ne “La forza del destino” accanto al dramma sentimentale e all’intensità delle passioni amorose e familiari dei protagonisti troviamo una quantità di personaggi e momenti collaterali secondari delineati con grandissima cura ed efficacia; vi spiccano la colorita scena dell’osteria e il “Rataplan”; nei quadri di ambientazione sacra accanto a caratterizzazioni inaspettatamente leggere come quella di Fra’ Melitone si gusta una scrittura corale e strumentale esperta e raffinata, ricca di richiami modali. Il Coro, in Verdi da sempre significativo, si affaccia in quest’opera in modo nuovo: esso, altrove personificazione della sofferta voce collettiva di un popolo, qui è entità dai molteplici volti di cui quello popolare e quello spirituale non sono che due aspetti di una realtà universale.

Piccoli e grandi incidenti si accompagnano inevitabilmente agli allestimenti di qualunque spettacolo; talvolta si cercano – e inevitabilmente si trovano – magiche corrispondenze che identifichino una tal situazione come “ontologicamente” sfortunata; il teatro d’opera ha trovato ne “La forza del destino” il suo spauracchio, e nella storia di questo lavoro verdiano ogni improvvisa indisposizione, febbre faringite o altro incidente è stato attribuito alla nefanda aura di cui essa è ormai circonfusa … nulla comunque può oscurare la bellezza ed importanza di questa opera che portò il genio e la fama di Verdi fino alla lontana San Pietroburgo, dove ne fu allestita la prima rappresentazione nel 1862.

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