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Progetto Verdi: Don Carlo

in onda martedì 3 dicembre alle ore 21,05

Progetto Verdi: Don Carlo

“Il Don Carlo, com’è uscito la prima volta, nel 1867, dalla mente del Verdi, è una delle sue opere migliori, musicalmente solida, destinata a restare come prova non solo della perenne espansione, ma della straordinaria duttilità del suo genio nel vincere le immense difficoltà inerenti alle esagerate proporzioni dell’Opera, ed alla scarsa musicabilità del soggetto, serio, cupo, forse troppo infarcito di politica. … L’eccessiva lunghezza del lavoro è sempre stata un ostacolo a quella, oserei dire, miracolosa diffusione ché toccata alle altre opere ispirate del Verdi, ed è stato saggio proposito il suo di rendere più snello il Don Carlo, alleggerendolo nelle parti slegate e introducendovi qualche piccola modificazione”. Così la “Rassegna drammatico-musicale” della rivista milanese “La Perseveranza” in un’appendice al numero del 14 gennaio 1884, a commento della recente rappresentazione dell’opera alla Scala di Milano.

La questione sembrerebbe quasi banale, un’opera troppo lunga e quindi qualche taglio qua e là per sistemare la situazione: in realtà, che per questi tagli e modifiche Verdi abbia impiegato 17 anni risulta significativo, soprattutto se ne osserviamo più attentamente i vari processi; come acutamente osservato dalla critica, le versioni del “Don Carlo” sarebbero ben più di due.

Oltre alla prima versione del 1867 composta in francese in cinque atti (che tradotta in italiano dal De Lauzières fu rappresentata a Bologna nello stesso anno), nel travagliato cammino di questo lavoro troviamo un nuovo intervento del compositore nel 1872, quando sulla versione italiana Verdi operò alcuni tagli in vista della prima rappresentazione napoletana.

Ancora diversa la versione originariamente destinata al teatro di Vienna nel 1882, per la quale Verdi lavorò sullo spartito in francese facendosi comporre nuovi versi dal Du Locle, poi tradotti da Zanardini; qui egli operò significativi tagli e svariate sostituzioni (in particolare eliminando praticamente il I atto e modificando parecchie scene ed i finali IV e V); questa nuova versione andò in scena alla Scala di Milano nel 1884, ed è quella tradizionalmente considerata il “Don Carlo” italiano; ancora, due anni dopo l’opera approda a Modena dove, sulla base scaligera, viene reintegrato il materiale del primo atto ripristinando la forma in cinque parti.

L’opera - lo ricordiamo – era stata accolta tiepidamente a Parigi, ed era quindi naturale che Verdi volesse a tutti i costi riguadagnarle un diverso apprezzamento da parte del pubblico; ciò che colpisce però è soprattutto che – anche alla luce di scoperte musicologiche relativamente recenti – la lunghezza dovesse essere proprio un tratto distintivo di quest’opera, dato che già nel ’67 Verdi aveva eliminato dalla prima versione parigina ben venti minuti di musica.

La questione viene vieppiù complicata dall’uso talvolta selvaggio che è stato fatto di molteplici modifiche, in questo caso dovute alle scelte di direttori e registi; nelle riprese dei vari teatri del mondo, dalla Germania all’Inghilterra all’America all’Italia, intere scene dell’opera sono state aggiunte, tolte o spostate, non di rado alterando sensibilmente il senso drammatico del lavoro.

In questo ginepraio editoriale e discografico - dal quale anche il grande Karajan non fu immune (a proposito della sua versione si parla di “tradizione viennese dell’opera”), nulla può scalfire l’importanza e la validità di un’opera che oltre alla scultorea definizione di un mondo politico e storico da una parte e dell’incorporeo delle emozioni umane dall’altra, presenta così ampi richiami alla maturità verdiana di “Aida” e “Otello” e, nel contempo, chiari e certi agganci al futuro dell’opera internazionale, dalla “Carmen” a Puccini.

Dopo l’ascolto della versione francese da noi propostovi precedentemente, ecco questa sera l’opera in quattro atti in lingua italiana nella preziosa ricostruzione tecnica di una registrazione su nastro realizzata alla RAI di Torino nel maggio del 1961.

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