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L’alfabeto dei maschi

di Elasti

«Adesso ti distruggo!»
Sdeng, sdong, tunf
«Così impari, idiota!»
Cleng, tong!
«Ahia! Ti faccio vedere io!»
«Mi fai vedere cosa? Pappamolle»
«Non ho paura di te!»
«Ma se te la stai facendo sotto!»
«Ora disintegro tutti i tuoi giochi»
«Mi fai pena»
Tunf, sdong, cleng, tong, sdeng.
Qualcuno piange.

C’è qualcosa di primitivo e ipnotico nello spettacolo di due maschi piccoli che litigano. C’è qualcosa di disarmante in un gioco che si fa guerra. C’è qualcosa di comico in quel linguaggio rozzo e ottuso. C’è qualcosa di deprimente in quell’alfabeto povero, fatto di bianchi e di neri, di sdeng, di sdong e di rabbia.
Li guardo azzuffarsi, sconsolata. Mi dico che è normale e che un giorno passerà, forse.
«Perché hai picchiato tuo fratello?»
«Perché mi fa infuriare»
«Perché piangi?»
«Perché sono arrabbiato»
«Perché hai strappato il quaderno?»
«Perché ho i nervi».
Crescere vuol dire imparare a conoscere il nostro lato oscuro. Per domare e sconfiggere i piccoli e grandi mostri che ci abitano, occorre sapere i loro nomi, uno a uno: rabbia, paura, frustrazione, senso di inadeguatezza e altro ancora.
Un giorno, una psicologa che quotidianamente incontra uomini autori di violenza contro le donne, mi disse: «Molti uomini ignorano l’alfabeto emotivo. Riconducono tutto alla rabbia. E la rabbia, quando contiene in sé troppe cose, sfocia in aggressività e violenza. Insegnare loro la complessità dei sentimenti e le parole per esprimerla è il primo passo per fermarli».
Come spesso avviene, l’educazione, anche emotiva, è un’arma potentissima contro la brutalità.
Mercoledì 25 novembre è la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne.
Spetta a noi genitori prendere per mano i nostri figli e renderli persone per bene.
Perché maschi si nasce, ma non è mai troppo presto per diventare uomini.

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