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Archivio RAI: il Concerto per Orchestra di Bartok

in onda martedì 19 aprile alle ore 00,00

Archivio RAI: il Concerto per Orchestra di BartokLontana figlia del barocco Concerto grosso (che contrapponeva al Tutti orchestrale un piccolo gruppo di solisti, il Concertino), la Sinfonia concertante si sviluppa nel periodo classico ed ha la sua peculiarità nel ruolo relativamente solistico che i vari gruppi strumentali dell'orchestra assumono alternativamente all'interno della composizione.

Perché quando Béla Bartók compose il suo Concerto per Orchestra, lavoro orchestrale su richiesta dell'Orchestra Boston Symphony e del suo direttore Serge Koussevitsky, pur adottando la forma della Sinfonia (o meglio della Suite sinfonica, con i suoi cinque movimenti e le loro denominazioni non convenzionali), non volle prenderne anche il nome?

Tale scelta fu fatta da Bartok in parte certamente in onore dei virtuosi committenti, ma ancor più per onorare il concetto stesso di orchestra come compagine strumentale strutturata, organica, unitaria ma anche internamente viva e dinamica.

La composizione impegnò il musicista per circa un anno, tra il 1942 e il 1943, in uno dei suoi momenti più difficili: proprio allora Bartok aveva scoperto la malattia che di lì a poco lo avrebbe portato alla morte (nato nel 1881 morirà di leucemia nel 1945) e viveva solitario in una casa del Bronx.

Nonostante oggi la sua figura sia di capitale importanza per la comprensione di tutta la musica del XX secolo (e non solo), allora Bartok non godeva di una grande fama; per incoraggiare l'anziano e reticente musicista l'Associazione del Compositori Americani gli offrì una residenza sul lago Saranac, e qui Bartok compose il suo lavoro orchestrale più importante.

In questa composizione ogni gruppo strumentale trova un momento di effettivo protagonismo: una scrittura altamente virtuosistica viene riservata ora agli archi, ora a i legni, ora agli ottoni - e anzi, nel secondo movimento Gioco delle coppie Bartok moltiplica i piani strumentali e contrappone, dividendoli, fagotti, oboi, clarinetti e trombe.

Sul piano stilistico la tensione del lungo movimento iniziale (quasi un terzo rispetto all'intero lavoro) ci riporta agli sviluppi che il linguaggio musicale scoprirà negli anni a venire, da Ligeti a Nono, e contemporaneamente si apre alle prospettive ritmico-sonore che saranno proprie della musica americana, ad esempio di quella di Aaron Copland.

Nel contempo il Concerto presenta, in modo totalmente disinvolto e assertivo, citazioni da quello che era stato il substrato più profondo dello stile di Bartok: ritmi e figure proprie della tradizione popolare, spunti descrittivi ed umoristici che denotano l'influsso russo, ma anche formule e cadenze più moderne, aperte ai suggerimenti della musica non colta di stampo americano.

Tutti questi stimoli sono elaborati da Bartok con quella sensibilità in certo senso rigidamente austera che gli era propria, con un senso altissimo della moralità che la musica deve sempre contenere in sé; l'autore segue in questo caso un percorso ad arco che parte da atmosfere rigide e notturne, pervenendo alla fine del lavoro ad una sostanziale serena oggettività.

Eseguito per la prima volta nel 1944 dall'Orchestra e dal direttore che ne avevano commissionato la composizione, il Concerto per Orchestra viene oggi proposto in una registrazione dell'orchestra Sinfonica della RAI di Roma, diretta dal giovane direttore giapponese Junichi Irokami il 15 aprile del 1989.

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