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Fiumi

Negli ultimi cinquant’anni in Italia la maggior parte dei fiumi è stata oggetto di un'aggressione da parte dell'uomo che ne ha modificato radicalmente assetti e dinamiche. I corsi d’acqua sono stati considerati – e in molti casi trasformati – in canali ignorando che si tratta di veri e propri ecosistemi naturali. La biodiversità di questi ambienti si è drasticamente ridotta e con essa la funzionalità ecologica che li caratterizza. E’ prevalso e prevale tuttora un approccio esclusivamente idraulico, retaggio di politiche ottocentesche rispetto alla necessità di un’impostazione interdisciplinare che tenga in egual conto aspetti geomorfologici, idrologici, ecologici.

Ci si è, così, adoperati a “canalizzare” i fiumi con l’idea di poter contenere le acque in alvei sempre più stretti e regolati e consentire un rapido deflusso delle acque verso valle nei periodi di piena. Grazie anche ad una sempre più spinta “impermeabilizzazione” e alla perdita di capacità di ritenzione del territorio, l’acqua meteorica raggiunge sempre più velocemente i corsi d’acqua principali che raggiungono altrettanto velocemente colmi di piena pericolosi.
Se a questo si aggiunge l’escavazione selvaggia che si è avuta fino agli anni ’70 (poi giustamente regolamentata), gli sbarramenti trasversali, la riduzione delle aree di esondazione naturale, la distruzione degli ambienti ripariali, l’inquinamento delle acque, ci si rende conto della necessità urgente di rafforzare una politica di governo unitaria, integrata ed interdisciplinare basata sui bacini idrografici.

Alpi, serbatoio d’Europa: i fiumi alpini


Le risorse idriche delle Alpi si presentano sotto varie forme all’interno del ciclo idrologico: fiumi, laghi, zone umide, corpi idrici sotterranei, ghiacciai e precipitazioni. Fiumi e laghi alpini sono estremamente interconnessi e rientrano, quasi totalmente, nei bacini dei cinque grandi fiumi alpini: il Reno, il Rodano, il Po, il Danubio e l’Adige. I ghiacciai e le precipitazioni nevose rivestono un ruolo importante per il regime dei fiumi, in particolare in primavera ed in estate. Tale tipo di influenza, tuttavia, potrebbe cambiare radicalmente nei prossimi anni a seguito dei cambiamenti climatici.

Il problema del consumo del suolo

Solo il 10% dei fiumi delle Alpi  - circa 900 chilometri in tutto l'arco alpino ‐ è ancora in condizioni naturali o semi-naturali
. I sistemi idrici alpini sono stati pesantemente alterati e degradati. L'espansione urbana minaccia le ultimissime vestigia naturali nelle regioni pianeggianti delle Alpi. Le valli del Rodano, del Reno, dell'Inn, dell'Adige e degli altri fiumi principali sono facilmente accessibili e quindi più esposte all'urbanizzazione: hanno già perso gran parte della loro biodiversità a causa dell'espansione incontrollata degli insediamenti urbani (il cosiddetto sprawl urbano). Inoltre, lo sviluppo di una fitta rete di infrastrutture ferroviarie e stradali impone un pesante tributo in termini di consumo di territorio, traffico, rumore e inquinamento atmosferico. L'industria del turismo – forse la principale attività economica nelle Alpi - è una delle maggiori cause di urbanizzazione.
Le aree ripariali, fondamentali per la regolazione delle inondazioni, sono state convertite in superfici agricole o urbane. Le regimentazioni dei corsi d’acqua e le dighe idroelettriche contribuiscono alla distruzione degli habitat d'acqua dolce, eliminando le zone di riproduzione dei pesci ed interrompendo le naturali rotte di migrazione oppure alterando il regime idrologico dei fiumi. Questo ha effetti devastanti sugli organismi per l'acqua dolce, unici e specializzati. Solo il fenomeno del riscaldamento globale esercita una pressione maggiore sui sistemi d'acqua dolce.
La gestione della risorsa idrica è uno degli aspetti più rilevanti per la conservazione delle Alpi.
Anche le aree circostanti le Alpi dipendono inoltre per il loro sviluppo dall’acqua che origina nella regione. Basti pensare all’estensione dei bacini idrici dei principali fiumi che nascono da queste catene montuose: il loro corso raggiunge le coste del Mar Mediterraneo come quelle del Mare del Nord. Oggi l’aumento dei consumi e i cambiamenti climatici pongono a serio rischio non solo l’ambiente alpino ma anche lo stesso approvvigionamento.

Il caso del fiume Tagliamento

Il WWF ha individuato il fiume Tagliamento, 178 chilometri di corso, in gran parte in Friuli Venezia Giulia, come caso simbolo. Si tratta infatti dell'ultimo fiume alpino che ha conservato quasi ovunque condizioni di naturalità. Il Tagliamento è un fiume cruciale a livello internazionale. E' stato definito il fiume focale per tutto il Programma Europeo Alpi WWF che vede impegnati i WWF di Italia, Francia, Svizzera, Austria e Germania in un progetto comune di conservazione.
A riprova della sua importanza le principali università e centri di ricerca europei stanno conducendo studi sul Tagliamento perché solo qui è ormai possibile studiare le dinamiche di evoluzione naturale delle golene e mettere a punto modelli di rinaturalizzazione e di gestione che trovano applicazione su alcuni grandi fiumi, quali il Danubio, il Rodano ma anche il Missouri. E mentre la ricerca europea investe milioni di euro in avanzate ricerche scientifiche sul Tagliamento, la Regione Friuli Venezia Giulia, per ridurre il rischio di esondazioni lungo il tratto terminale del fiume, sta per approvare un progetto di costruzione in alveo di tre enormi casse di espansione secondo le tradizionali "ricette" della ingegneria idraulica.

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