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Progetto Wagner: Lohengrin

in onda venerdì 6 settembre alle ore 20,20

Progetto Wagner: Lohengrin

Dal 1843 al ’49 Richard Wagner è direttore dell’orchestra dell’Opera di Dresda; date le sue origini antiaccademiche è proprio sul campo – in gran parte quindi sulla scena – che l’artista matura, dirigendo le opere altrui o facendone adattamenti, le sue competenze musicali.

Come grandissimo direttore perciò, prima ancora che come operista, lo conosce l’ambiente tedesco degli artisti che si riunivano in colti cenacoli; in una di queste occasioni, Wagner presentò nel 1845 il testo di un lavoro teatrale che stava prendendo vita, anche se avrebbe dovuto aspettare qualche anno prima di essere rappresentato: si trattava del suo libretto del Lohengrin.

Alla serata era presente tra gli altri anche il grande Schumann, col quale Wagner aveva già avuto alcuni incontri, non particolarmente felici; dell’esuberante Kapellmeister Schumann solo in parte apprezzava allora la genialità, e in quella particolare serata egli espresse causticamente i suoi dubbi sulla realizzabilità stessa di un’opera basata su un soggetto, quello di Lohengrin appunto, tanto difficile da rendere in musica; peraltro lo stesso Schumann riconobbe che il libretto di Wagner aveva molto colpito diversi artisti, soprattutto pittori, riconoscendo così l’alto potere suggestivo del testo wagneriano.

Wagner desume la storia di Lohengrin da fonti letterarie varie: da una parte  l’anonimo poema epico tedesco del XIII secolo, i cicli arturiani e le leggende sul Santo Graal, dall’altra l’anonimo medievale del francese “Le Chevalier au cygne” e soprattutto il poema di Wolfram von Eschenbach intitolato al padre di Lohengrin, quel Parsifal sul quale Wagner elaborerà più completa e matura narrazione nella grande opera omonima.

Dalla collocazione medievale, identificabile nel luogo e nello spazio (il Belgio della prima metà del X secolo) la narrazione, i personaggi, il contesto del racconto si emancipano – come sempre in Wagner - acquistando una valenza non più solo narrativa diventando segnale di più profondi e complessi valori creativi.

Con Lohengrin trova la sua conclusione il periodo giovanile dell’arte wagneriana; in quest’opera troviamo infatti in nuce tutti i temi, i richiami, gli stilemi che Wagner andrà via via sviluppando e perfezionando; aldilà delle varie interpretazioni analitiche (e psico-analitiche) di questo protagonista, identificato talora con Wagner stesso, l’eroe Lohengrin si fa qui simbolo dell’artista, nel suo essere solitario ed incompreso, latore di una salvezza divina che il mondo non può spiegare senza rischiare di renderla vana: "Ora vengo all'essenza della tragedia nella condizione dell'artista dei tempi contemporanei - una condizione cui io ho dato forma artistica nella mia opera Lohengrin" aveva detto Wagner stesso.

L’opera, rappresentata per la prima volta nel 1850 a Weimar (mentore Liszt e assente l’autore, in quel periodo esule in Svizzera per le sue tendenze rivoluzionarie) ebbe immediato successo e circolò rapidamente nei teatri di tutta Europa.

L’avvento wagneriano in Italia, che avvenne proprio con la rappresentazione del “Lohengrin” nel 1871, fu favorito e sostenuto – anche in senso antiverdiano - dai Lucca, editori milanesi rivali di Ricordi; interessante la reazione del Verdi all’opera: ”Impressione mediocre. Musica bella quando è chiara e vi è il pensiero. L’azione corre lenta come la parola: quindi noia. Effetti belli di stromenti. Abuso di note tenute e riesce pesante. Esecuzione mediocre. Molta verve ma scarsa poesia e finezza. Nei punti difficili, cattiva sempre.”.

Per Verdi la bellezza è dunque legata alla chiarezza del pensiero, che in Wagner non è certo tra i valori ispiratori; non possiamo esimerci dal notare quanto siano lontani i presupposti (musicale, drammaturgico, etico …) da cui i due grandi artisti partono, e quanto percorsi e mete della loro parabola creativa corrano talvolta parzialmente parallele senza aver tra loro un vero incontro; d’altronde è questo che spesso succede tra geni.

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